Nessuna clemenza per la pratica delle rendition

by Sergio Segio | 7 Aprile 2013 7:50

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Nessuna delle due parti di cui è costituita la frase a lei attribuita è vera. Innanzitutto non è che l’Italia e l’Unione europea «ritengono» le «pratiche» statunitensi delle extraordinary renditions «non compatibili» con lo stato di diritto, è che ci sono due convenzioni internazionali – firmate anche dagli Stati uniti – a proibire tassativamente quelle pratiche, in qualsiasi circostanza. E quelle «pratiche», signor presidente, hanno riguardato il rapimento e la tortura di migliaia di persone. In secondo luogo – e principalmente – il presidente statunitense Obama non solo non ha mantenuto le sue promesse elettorali relative alla chiusura dell’infame Guantanamo e di molti altri luoghi (non più) segreti di detenzione indefinita e senza processo – cosa gravissima per un premio Nobel per la Pace, premio datogli anche sulla speranza che le mantenesse tali promesse – ma ha opposto ogni possibile ostacolo alla conoscenza della verità .
Obama ha infatti reso ancora più difficile scoprire la verità  sul programma delle renditions e sulle reali circostanze relative a migliaia di rapimenti. Ha poi esplicitamente sollevato dalle loro responsabilità  sia chi ha dato ordini illegali sia chi li ha eseguiti, ordini che non avrebbero mai dovuto essere portati avanti. Obama ha inoltre nominato come suoi consiglieri o in posizioni-chiave della sua Amministrazione, uomini coinvolti fino al collo in quello che lei definisce «approccio alle sfide della sicurezza» e che è stato ed è invece una serie di politiche iniziate non dopo gli eventi del Settembre 2001, ma sotto il presidente Clinton, chiara dimostrazione del disprezzo totale che gli Stati uniti hanno del diritto internazionale e della sovranità  degli altri Paesi, inclusi gli alleati, quando ritengono utile violarli entrambi. Queste nomine hanno compreso persone quali John Owen Brennan, ora direttore della Cia, la cui precedente candidatura era stata silurata dal Senato statunitense nella prima amministrazione Obama proprio perché coinvolto pienamente nel programma delle renditions .
Quello stesso Brennan che si è poi distinto come il più forte sostenitore dell’uso dei droni, che in 90 attacchi hanno smembrato tremila pachistani civili (« collateral damages »), tra cui molti bambini e donne, anche recentissimamente. O come il generale Stanley Allen McChrystal, nominato nel 2009 capo della missione Isaf in Afghanistan, ma comandante nel 2003-2005 delle forze speciali conosciute con la sigla Task Force 6-26, responsabili di orrende torture di prigionieri iracheni a Camp Nema, base militare di Baghdad, torture emerse in ogni particolare nelle inchieste del New York Times e di Human Rights Watch del 2006. A questo si aggiunga che in queste settimane l’Amministrazione Obama ha ordinato l’alimentazione forzata (con un tubo diretto allo stomaco) di 128 prigionieri di Camp 6 – tra quelli ancora detenuti a Guantanamo – che hanno dichiarato lo sciopero della fame per protestare, per l’ennesima volta, 11 anni di detenzione senza processo e senza accuse.
Non meno importante, il fatto che l’Fbi di Obama si sta distinguendo per la persecuzione accanita e in molti casi abnorme delle organizzazioni e degli individui che hanno guidato le proteste contro la continuazione di fatto delle guerre di Bush o hanno – come il soldato Bradley Manning – contribuito a rivelare le attività  criminali perpetrate dagli Stati uniti in Iraq e in Afghanistan.
Gentile presidente, voglio sperare che lei sia stato male consigliato e informato. Voglio però anche dirle che il suo gesto di clemenza virtuale per un fuggitivo, militare consapevolmente coinvolto nel rapimento di Abu Omar (e probabilmente di altri, dato il ruolo ricoperto), suona insopportabile e profondamente offensivo per chi abbia a cuore la sovranità  e la magistratura italiane, per chi non abbia dimenticato come gli Stati uniti abbiano risposto alla richiesta di verità  sull’uccisione di Nicola Calipari e il ferimento di Giuliana Sgrena e Andrea Carpani, infine per persone come chi le scrive. Persone di molte nazionalità  diverse che si sono unite e hanno messo a disposizione le loro professionalità  (e spesso le loro carriere) in anni di ricerca per svelare e far finire le orribili pratiche legate al programma delle extraordinary renditions – dalle nostre prime denunce del 2004 a quelle sul coinvolgimento dei governi europei del 2006 (compresa l’Italia, proprio su queste pagine), allo svelamento nel 2008 delle tante prigioni-tortura installate dalla Cia in vari Paesi europei.
Proprio venerdì, l’alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navy Pillay, ha criticato duramente l’Amministrazione Obama, si legge nel comunicato «per la continua, indefinita incarcerazione di molti prigionieri (che è) chiaramente contraria alle leggi internazionali». «Dobbiamo essere chiari (…), gli Stati uniti sono non solo in violazione delle proprie promesse, ma anche delle leggi e standard internazionali che sono obbligati a rispettare». Di quale «por fine» da parte di Obama parla, signor presidente? Non c’era modo peggiore di chiudere la Sua presidenza.

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