Missile pronto al lancio Le manovre di guerra della Nord Corea

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WASHINGTON — I satelliti che scrutano oltre il muro del 38esimo parallelo e le spie hanno segnalato una novità : la Corea del Nord ha spostato un missile sulla costa orientale, forse si preparano ad un lancio. Non necessariamente un tiro contro un bersaglio. Magari solo un test vicino al Giappone. Su «cosa sarà » le interpretazioni divergono e non potrebbe essere diversamente.
Il movimento ha seguito di 24 ore gli annunci di Pyongyang su un possibile attacco nucleare e la chiusura degli accessi al parco industriale di Kaesong. Un blocco mantenuto anche ieri a dimostrazione che il regime vuole tenere alta la tensione su tutto il fronte. A Seul, capitale molto esposta, hanno seguito con attenzione quello che avveniva dall’altra parte. E sono stati i primi a segnalare l’arrivo del missile nella zona orientale. Prima si è parlato di un ordigno a lungo raggio, poi del «Musudan», apparato mobile con un raggio di circa 3 mila chilometri. Forse lo hanno portato a bordo di un treno speciale, spesso usato dall’esercito per questi spostamenti. Le notizie di fonte sudcoreana hanno trovato conferme negli Stati Uniti dove l’intelligence avrebbe intercettato comunicazioni tra ufficiali nordcoreani. Dialoghi che farebbero pensare a una prova di lancio e non a un’operazione aggressiva, cosa suggerita, invece, dai pessimisti per i quali la Nord Corea punta a mettere in difficoltà  Seul.
A Washington, almeno per ora, optano per un’analisi prudente, figlia di un cambio di strategia. All’inizio gli Usa sono andati dietro a Kim Jong-un. Ad ogni rumor di sciabole da Pyongyang hanno replicato con piccole ma consistenti mosse. Ed ecco i voli dei bombardieri B52 e B2, quindi l’arrivo dei sofisticati caccia F22 in Corea del Sud, infine i sistemi anti missile a Guam, base americana che rientra tra i possibili bersagli. Messaggi eloquenti per dire «ti teniamo testa». Ora la Casa Bianca, dopo lunghe discussioni, ha valutato che fosse controproducente assecondare il bellicismo di Kim. Seguendolo in questo tic-tac c’è il rischio che dalla semplice esibizione di forza si finisca per scivolare in uno scontro. E allora gli Usa hanno deciso di abbassare i toni per non fornire pretesti ai coreani. Così, mercoledì, mentre giravano le news minacciose, Barack Obama le ignorava dedicandosi a un’emergenza molto sentita dai suoi cittadini, quella delle armi. Il profilo basso non significa però smobilitare: nelle Filippine sono arrivati diversi caccia F-18 e due navi anti missile sono state spostate verso il Giappone.
Detto ciò resta l’interrogativo su come chiudere questa ennesima partita con la Corea del Nord. Dal Giappone rilanciano la tesi che l’obiettivo di Kim sia di arrivare a un negoziato diretto con gli Stati Uniti, lasciando da parte anche l’amica Cina che, fino ad oggi, ha dato una mano a Pyongyang e l’ha consigliata. È la storia della famosa telefonata che il leader attende da Obama. Per gli esperti il dittatore potrebbe spingere il confronto per mesi, forse per arrivare al 27 luglio, anniversario dell’armistizio. Si racconta anche che il regime avrebbe chiesto a Pechino di mandare un inviato per discutere della crisi ma la risposta sarebbe stata negativa. I cinesi, oltre ad essere inquieti per le iniziative di Kim, hanno manifestato molta insofferenza. E come dare loro torto.


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