by Sergio Segio | 20 Aprile 2013 8:20
MILANO — Sono trentatré gli assegni milionari spediti nel 2012 dalle prime 20 società quotate di Piazza Affari ai propri vertici aziendali. Il numero, però, sale ancora se si scende sotto i ruoli di primo piano (come presidenti o amministratori delegati) o se si considerano anche le altre società , al di fuori della «top 20».
Ma iniziamo con la classifica dei vertici delle prime venti aziende: ormai tutte, tranne Exor, hanno pubblicato o dati sui compensi. Nei primi quattro posti ci sono ben tre superliquidazioni. In testa c’è l’ex amministratore delegato di Generali (in carica fino a giugno 2012), Giovanni Perissinotto, con 11,6 milioni di cui 10,6 come indennità di fine rapporto. Al secondo posto, con 7,3 milioni, l’amministratore delegato di Fiat e presidente di Fiat Industrial Sergio Marchionne. Ultimo nel podio è Pietro Franco Tali, l’ex amministratore delegato di Sapiem dimessosi lo scorso dicembre dopo l’avvio dell’inchiesta sul caso Algeria: a lui sono stati destinati 7,1 milioni, incentivo all’esodo incluso. Si è poi classificato quarto Francesco Gori, direttore generale Pirelli fino a luglio 2012, con 7 milioni di cui 5,9 a titolo di indennità di fine carica.
Tra il quinto e il settimo posto si trovano tre nomi ancora in carica: l’amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni (6,4 milioni, di cui una parte per incentivi attribuiti nel 2009), il presidente di Ferrari e amministratore di Fiat Luca Cordero di Montezemolo (5,5 milioni) e l’amministratore delegato di Luxottica Andrea Guerra (4,3 milioni). Chiudono la lista dei compensi dai 3 milioni in su l’ex amministratore delegato di Generali (ruolo ricoperto con Perissinotto) Sergio Balbinot con 4,2 milioni inclusa l’indennità di fine carica, l’amministratore delegato di Enel Fulvio Conti (4 milioni) e — entrambi a quota 3 milioni — Enrico Cucchiani e Marco Tronchetti Provera, alla guida rispettivamente di Intesa Sanpaolo e Pirelli. Sono tutti compensi soggetti all’approvazione (con il bilancio) dell’assemblea dei soci, che nella maggior parte dei casi deve ancora arrivare perché prevista nelle prossime settimane. Gli emolumenti, lordi annui, sono al netto di eventuali (e frequenti) altre voci come le stock option, che in alcuni casi raggiungono cifre notevoli. In un anno, il 2012, che ha visto l’economia italiana perdere più del 2% del proprio Pil, al di là delle performance positive o negative delle singole aziende.
Andando poi oltre la «top 20» dei grandi gruppi, o scendendo semplicemente un piano nella gerarchia aziendale, gli assegni tornano a salire. E superano i quattro milioni, per esempio, per Kallol Karl Guha, chief risk officer di Unicredit fino a luglio 2012, a cui sono stati destinati 1,68 milioni come retribuzione e 2,5 milioni come indennità di uscita. Dopo l’addio alla carica di chief risk officer, Guha è rimasto in banca fino a fine anno. Passando all’editoria, Maurizio Costa, amministratore delegato di Mondadori fino al mese scorso, nel 2012 ha ricevuto 5,1 milioni di euro, di cui 2 milioni relativi a incentivi di anni precedenti. Mentre Antonello Perricone, amministratore delegato di Rcs Mediagroup (editore del Corriere) fino a metà 2012, ha lasciato la società con 3,4 milioni. Tornando alla finanza, l’ex direttore generale di Fonsai Piergiorgio Peluso (ora chief financial officer di Telecom) è uscito lo scorso settembre dalla compagnia assicurativa con 5,01 milioni di euro, comprensivi di una buonuscita di 3,8 milioni.
Giovanni Stringa
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