«Quirinarie», debutto e subito annullamento «Attaccati dagli hacker»
ROMA — Prima il panico, con lo staff della Casaleggio Associati che non sa bene cosa fare. Cellulari roventi, urla. Poi, vista la perentorietà della denuncia di «anomalie» da parte della società di certificazione Dnv, l’annullamento. Non è buona la prima per le «Quirinarie», le votazioni online per il presidente della Repubblica. Dovevano essere il fiore all’occhiello del nuovo regime di democrazia diretta, si sono rivelate una débà¢cle imbarazzante. Per correre ai ripari, Beppe Grillo parte al contrattacco: annuncia la ripetizione immediata del voto (che si è tenuto ieri) e denuncia un «attacco di hacker», con «intrusione esterna». Ma c’è stato veramente quest’attacco? Grillo, quando qualcosa non va, ama accusare presunti «troll» e infiltrati. Eppure la stessa Dnv non parla mai di hacker ma di «anomalia». E denunce non ne sono state presentate. Si è trattato probabilmente di un bug nel sistema di sicurezza; una crepa che ha consentito di votare ripetutamente da uno stesso computer, inficiando il risultato.
Pessima giornata quella di ieri per il Movimento. Musi lunghi e risposte tra lo sconsolato e il risentito, mentre in rete divampano feroci ironie sulla «democrazia liquida». Pure la trasparenza non ne esce bene: le informazioni sono scarse e confuse. «Abbiamo chiamato Grillo e Casaleggio, ma neanche loro sanno cosa è successo», spiegano dall’ufficio stampa. Tutti rimandano alla Dnv Business Assurance, società che diramava comunicati sibillini. Nel primo si spiega che «l’anomalia ha compromesso in maniera significativa la corrispondenza tra i voti registrati e l’espressione di voto del votante». Hacker? Su Facebook silenzio di tomba: nessun parlamentare commenta. Protetto dall’anonimato, uno commenta a voce: «Ma quale hacker, è colpa nostra, dovevamo prepararci meglio». Sergio Puglia: «Non è il massimo, ma anche alla Casa Bianca succede». Alessandro Di Battista: «La democrazia diretta fa paura». Il capo della comunicazione Claudio Messora: «È una vittoria della democrazia digitale, non una sconfitta».
Non mancano le dietrologie. E se tutto fosse stato annullato perché Grillo era in testa? Il fondatore, che venne condannato per omicidio colposo e non si vuole candidare, per ora. Una vittoria sarebbe imbarazzante. Come sarebbe, se a guidare la classifica fossero impresentabili o nomi sgraditi. I parlamentari hanno votato in ordine sparso. Il senatore Marino Mastrangeli ha scelto Grillo. Tommaso Currò, il «dissidente», ha votato Michele Ainis. Loretta Napoleoni, economista vicina a Grillo, si candida: «Se mi votano — dice all’Huffington Post — accetto». Currò non è entusiasta: «Non mi pare un granché come economista».
Il deputato ha le sue idee anche sull’Afghanistan, sul quale il Movimento ha presentato una mozione per il ritiro: «Siamo sicuri che sia fattibile? Ci vuole un governo per ritirarsi, mica possiamo deciderlo così». La costituente commissione esteri, in sordina, ha fatto visita alle ambasciate di Usa, Corea del Nord e del Sud. Alessandro Di Battista: «Ne faremo altre, sono incontro esplorativi. Ora sto studiando il Mali. Raccogliamo informazioni e poi vi diremo. Naturalmente sapete che siamo per la denuclearizzazione, il disarmo e la pacificazione».
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Dimenticare Pontida
Se davvero il vento è cambiato, nel Palazzo non ne è entrato un solo refolo. Né poteva essere altrimenti. Berlusconi ha innovato appena il look (senza doppiopetto). Per il resto, si è mimetizzato dietro Tremonti e Napolitano. Ha fatto propria la linea del ministro sui conti pubblici— subito la manovra da 40 miliardi, poi la riforma fiscale con tre aliquote— e il richiamo del Quirinale su Libia e missioni all’estero.
È la privatizzazione della politica
Se sei corrotto puoi scambiare la carica elettiva con l’obbedienza a chi comanda governi e parlamenti. La politica come malaffare prelude l’assenza di ogni confronto programmatico e personalizza la scelta elettorale.