«Ora sono costretti a seguirci» Grillo si gode la crisi dei Democratici

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ROMA — «Rodotà  sarà  il candidato giusto, saranno obbligati a votarlo… Se propongono Amato o D’Alema siamo al suicidio politico. Sono fuori dalla storia».
Questo dice Beppe Grillo che dal Friuli, dove chiude la campagna elettorale, urla contro il «colpo di Stato», a causa di un Parlamento bloccato, impreca contro i senatori a vita, che vuole cancellare, e i giornalisti ai quali vuole togliere l’albo professionale. E così, dopo l’implosione dei grandi elettori del Pd, che hanno azzoppato Romano Prodi, il leader del M5S esulta: Abbiamo mandato a casa 5 partiti in due mesi, sono spariti Udc, Fli, e Di Pietro, fra poco si rompe anche il Pd e poi seguirà  il Pdl». E ancora: «Dobbiamo aprire il Parlamento, mandare a casa questa gentaglia». E quando, a tarda sera, arriva anche in Friuli la notizia di imminenti dimissioni di Bersani, la piazza grillina esulta: «A casa, a casa».
E in questo nuovo ordine delle cose, senza partiti e mediazioni tra elettori e portavoce eletti in Parlamento, Grillo vede sul Colle il professore Stefano Rodotà  che il Movimento stima e porta in palmo di mano per le sue battaglie sui diritti civili, sull’acqua pubblica, sulla democrazia assicurata dalla Rete. E nel giorno del trionfo, in cui il leader del M5S proclama che «nessuno nel movimento si è mai sognato di votare Prodi al Quirinale», passano in secondo piano le accuse che proprio Grillo muoveva nel 2010 contro il «maledetto» Rodotà  inserito in una «black list» di boiardi di Stato destinatari di pensioni d’oro. E anche dei giudizi poco lusinghieri che, anni fa, Rodotà  dava «del pericoloso populismo» rimane traccia solo su Google.
Alla Camera, in realtà , dopo i giorni difficili del voto sui presidenti Boldrini e Grasso, i parlamentari grillini non si fanno trovare impreparati. Lavorano sulle possibili sacche di dissenso, lanciano segnali a Grillo affinché non apra in alcun modo a Prodi «che il Movimento non vede di buon occhio». Poi all’ora di pranzo, senatori e deputati a 5 stelle si riuniscono nella saletta dei Gruppi e danno vita a una sorta di cerimonia propiziatoria. Il capogruppo al Senato Vito Crimi chiama al telefono il professore Stefano Rodotà  e urla nel microfono: «Siamo convinti che tu sia il migliore candidato, non molliamo, siamo sicuri di riuscire a convincere gli altri partiti a votarti». E ora, dice in un crescendo Crimi mentre il blogger Claudio Messora riprende tutto con una telecamera, «vogliamo farti sentire il calore dei 160 parlamentari riuniti in questa sala». A quel punto parte il boato «Ro-do-tà /Ro-do-tà /…». Ma il professore non può rispondere in quel momento perché ad ascoltare Crimi è solo una segreteria telefonica.
La parola d’ordine «Rodotà  perché no?», ha un successo strepitoso tra i grillini. Un po’ tutte le anime del Movimento si compattano intorno a una posizione che più unitaria non si può: «Vedrete, su Rodotà  non ci saranno defezioni», profetizza la deputata Carla Ruocco che ha avuto un suo ruolo nel far giungere a Grillo il no senza «se e senza ma a Prodi». Alessandro Di Battista esulta in Transatlantico quando Prodi è da poco un candidato senza speranze: «È una grande vittoria del Movimento, hanno votato per noi anche quelli del Pd e di Sel». Alfonso Bonafede non aveva dubbi anche quando i giochi erano ancora aperti: «Prodi non è il nostro candidato». Spingono per una posizione unitaria a tutti i costi anche il senatore Francesco Campanella e il deputato Girolamo Pisano, che invece sono considerati dei «pontieri».
Infine, la giornata dei parlamentari grillini si conclude nel cortile della Camera dove sono stati allestiti gli stand delle televisioni. I Cinque stelle sono tutti lì, disponibili, sereni e per nulla guardinghi davanti alle telecamere. Arriva una mezza proposta del Pd di un incontro tra i capigruppo. Loro ribattono: «Meglio tutti insieme, noi e i colleghi del Pd. Così li convinciamo a votare per Rodotà ».


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