«Le attese dei Piccoli? Il lavoro da riformare»

by Sergio Segio | 10 Aprile 2013 6:41

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MILANO — «Il vero problema della rappresentanza? Il piccolo imprenditore vuole avere davanti a sé qualcuno con cui parlare». Il sociologo Giuseppe De Rita, 80 anni, è il presidente della Fondazione Rete Imprese Italia, l’ente legato all’associazione nata nel 2010, che riunisce cinque organizzazioni imprenditoriali: Cna, Casartigiani, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti. Insomma, le piccole e medie imprese. «I dirigenti delle cinque associazioni — spiega De Rita — dopo le elezioni si sono impegnati a fondo e si è scoperto che il problema della rappresentanza sta nella prossimità », nella vicinanza sul territorio alle imprese.
La Fondazione ha condotto una serie di rilevazioni tra i piccoli imprenditori nel corso dei primi mesi del 2013, in particolare prima e dopo il voto, per capire chi possa far contare davvero le aziende nei progetti politici del Paese. «Per il 23,7% degli imprenditori le associazioni di categoria rappresentano un punto di riferimento — spiega De Rita —. Dove l’associazionismo è presente, il contare è più forte. Dove non c’è prossimità  non c’è rappresentanza». L’insieme dei dati è però allarmante. Il 48,9% degli imprenditori non crede che qualcuno possa aiutare le imprese, il 23,2% dà  peso al governo e solo il 4,2% ritiene che possano essere efficaci i partiti attraverso l’azione parlamentare. Dati che sono uno specchio del Paese uscito dalle urne. Tra l’elettorato grillino, ad esempio, è evidente che ci sono anche molti imprenditori (a Treviso e provincia il M5S ha raggiunto il 26% alla Camera), ma per De Rita si tratta di «un’ondata antropologica, com’era accaduto con la Lega vent’anni fa: quando un Paese, una regione diventano prigionieri dell’ondata antropologica, si vota per rabbia, nervosismo, insicurezza. E il risultato è in quella tendenza in crescita del 7,6% rappresentata dagli imprenditori che dicono che ormai l’unica soluzione è ritirarsi. “Mi ritiro” è un meccanismo di antropologia e non di cultura sociopolitica, per cui non vale più la risposta programmatica».
Com’è possibile superare questa situazione? Per De Rita è necessario «lavorare sugli interessi attraverso una presenza di prossimità  che sviluppi un’identità  nuova». Il modello Cinque Stelle, secondo il presidente della Fondazione di Rete Imprese Italia, non si adatta alle aziende perché «i grillini vivono nel remoto mentre le piccole imprese vogliono la vicinanza fisica. Il lavoro sul web e la comunicazione virtuale lanciano il populismo mentre la comunicazione di prossimità  rilancia l’associazionismo di categoria: esserci e stare sulle cose, ragionare con la gente. Insomma, bisogna rifare il tessuto della rappresentanza partendo dai singoli imprenditori». Perché «in Italia le cose che valgono crescono dal basso e lentamente — prosegue il sociologo —. Non ci sono grandi patti a breve. La novità  cresce nel medio periodo dal basso». Deve cambiare il modo di fare lobby. «Rete Imprese a maggio compie tre anni e si presenta come la quarta gamba delle grandi associazioni di rappresentanza, accanto ai sindacati, agli industriali e alle banche. Negli ultimi 20 anni si è fatta lobby politica, al vertice, ora invece si deve lavorare sugli interessi. Per i piccoli imprenditori si deve partire dalle politiche sul lavoro».
Se è vero infatti che tra gli imprenditori un po’ più della metà  (56,9%) ritiene che forme di dirigismo statale non possano rilanciare l’economia, tra il 43% di coloro che invece le considera utili il 27,6% le lega a un accordo con le rappresentanze sociali. Tra le priorità  da affrontare sul versante del lavoro, oltre agli interventi di tipo fiscale (diminuzione del cuneo e detassazione dei contributi), per i piccoli e medi imprenditori è fondamentale semplificare gli adempimenti, ridurre gli oneri dell’apprendistato e avere contratti più flessibili per le assunzioni. «Su questi temi ci stiamo giocando la nostra rappresentatività  â€” insiste De Rita —. È la promozione degli interessi dal basso. L’apprendistato non sarà  mai messo in cima alla lista delle priorità  di un ministro eppure è fondamentale». La svolta sta nel modo di interpretare il ruolo di un’associazione di categoria come Rete Imprese Italia. «Non ci si deve far prendere dall’idea — spiega De Rita — che visto che ormai siamo una grande lobby si debba ridurre tutto a discorsi politici. Bisogna ragionare di apprendistato e cuneo fiscale. Dobbiamo presentarci come i portatori delle istanze di semplificazione burocratica e flessibilità  nel mercato del lavoro».
Anche il decreto che sblocca i pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese, 40 miliardi di euro che si trasformeranno in liquidità , ha bisogno delle associazioni di categoria. «Il provvedimento è tutto da vedere — prosegue De Rita —. E se le associazioni si mettono dentro per farlo funzionare allora sarà  diverso. I nostri imprenditori sentono che devono intervenire».
Francesca Basso

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