L’ira dei bersaniani. E il fantasma scissione

by Sergio Segio | 5 Aprile 2013 6:26

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ROMA — Tocca a un vecchio parlamentare del Pd, un fu Pci, sintetizzare con una citazione quali sono i rischi a cui va incontro questo Partito democratico sempre più tormentato. Da Fausto Bertinotti, in procinto di diventare segretario di Rifondazione comunista: «I merli con i merli, i passeri con i passeri». Una frase pronunciata per spiegare per quale motivo la sinistra e il Pds erano due forze distinte e distanti.
Ecco, è questo quello che potrebbe accadere nel Pd: che ci si divida. Ma non seguendo solo i binari immaginati finora. E che prevedono una scissione dei renziani. Quella potrebbe esserci nel caso in cui veramente i bersaniani rifiutassero le primarie al sindaco di Firenze in caso di elezioni. «Allora — continua a ripetere Matteo Richetti ai compagni di partito — finalmente ce ne andremmo». Ma il primo cittadino del capoluogo toscano continua a dire di “no” a questa ipotesi e invita i suoi a «restare sott’acqua» e a non agitare questo spettro.
No, è un’altra la scissione che potrebbe verificarsi. Ne accenna Alessandra Moretti, bersaniana di ferro, quando dice che il partito «può spaccarsi». Lo spiega a un amico Ugo Sposetti quando osserva: «Se Renzi vince la battaglia interna il Pd non regge e si divide». E suppergiù gli stessi concetti ripetono i parlamentari di Franceschini seduti sui divanetti di Montecitorio. Del resto, lo aveva detto anche Massimo D’Alema qualche tempo fa, non si sa se sul serio o per scherzo, perché i suoi interlocutori in quell’occasione non lo hanno ben compreso: «Se nel Pd prevale la linea Renzi, io vado a fare un grande partito della sinistra con Nichi Vendola». Ed è proprio questa la prospettiva di cui si sentiva parlare a mezza bocca ieri, alla Camera dei deputati: una grande forza della sinistra che si attesti intorno al 15 per cento.
Certo, può stupire che si parlasse di questo. A prima vista è una questione non all’ordine del giorno. Eppure non andava fuori tema chi toccava questo argomento.
«Ormai è guerra, anzi è la guerra nucleare», annuncia Renzi ai suoi. Una guerra che il sindaco di Firenze vuole assolutamente vincere. Come? Giocando tute le carte a sua disposizione. Ne ha. Lo testimoniano il silenzio di Dario Franceschini sugli attacchi di Renzi al segretario e le poche parole sfumate di Enrico Letta, che evita di polemizzare con il sindaco, pur essendo il vice di Bersani. Lo confermano le telefonate, che sono riprese, con Veltroni, e i “giovani turchi” in fila da Graziano Delrio, presidente dell’Anci e uomo di punta del primo cittadino del capoluogo toscano. Insomma, le potenziali truppe del sindaco si stanno ingrossando. E, come se non bastasse, anche chi è contro di lui non difende il segretario. Non lo fa Rosy Bindi, e nemmeno Massimo D’Alema. Commentava ieri sera a questo proposito Antonello Giacomelli: «Matteo non dice cose tanto diverse da Franceschini».
Ma se Renzi ottiene la vittoria nel Pd, se riesce a ribaltare situazione e maggioranza interna, è difficile per tanti ex Ds restare in un Pd con lui a capo. Il sindaco viene visto come un corpo estraneo. Prova ne è la virulenza di certe reazioni del cerchio stretto bersaniano: «Sei fuori linea», «Ragioni come Berlusconi», e via di questo passo.
Renzi non prende sule serio certe dichiarazioni che lo fanno sorridere: «Sono ridicoli». Ironizza sui suoi avversari interni, il sindaco rottamatore, ma sa che la partita è difficile. Per questo motivo, appena ha subodorato la possibilità  di «un inciucio Bersani-Berlusconi», ha imbracciato l’artiglieria pesante. Renzi ha il sospetto che il segretario del Pd e il leader del Pdl stiano lavorando per un compromesso che preveda l’elezione di un presidente della Repubblica non inviso a Berlusconi (magari Luciano Violante, che potrebbe dargli della garanzie sul fronte della magistratura) e la possibilità  per Bersani di andare in aula con il «suo» governo. Ottenendo di fare il premier, o, in caso di mancata fiducia, di portare lui il Paese alle elezioni e di essere lui, di conseguenza, il candidato premier del centrosinistra, evitando così le primarie. In questo modo Renzi non avrebbe nessuna chance di entrare in partita.
Insomma, Bersani e Berlusconi si starebbero annusando per capire se un patto tra di loro è possibile. O, almeno, questa è l’impressione dei renziani. Spiega il sindaco a un amico: «Quelli hanno paura delle elezioni e quindi faranno un governo purché sia, ma non durerà  tanto con quelle premesse». Quelli sarebbero Bersani e Berlusconi, il quale avrebbe cambiato anche lui idea sul voto dopo aver visto un sondaggio che lo dà  dieci punti sotto Renzi. Perciò meglio la stabilità  o le elezioni con Bersani come competitor. Ma i franchi tiratori del Pd potrebbero diventare tanti e far saltare quel compromesso… magari senza nemmeno nascondersi dietro il voto segreto.

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