L’ipotesi delle larghe intese I nomi di Amato e Enrico Letta

by Sergio Segio | 21 Aprile 2013 6:26

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ROMA — Giuliano Amato o Enrico Letta. Per tutta la giornata di ieri i nomi più accreditati per la guida del nuovo governo sono stati questi. Perché Amato, già  presidente del Consiglio, oltre a essere gradito al Pdl (ma non alla Lega) è tra le persone di fiducia di Giorgio Napolitano, che lo avrebbe voluto come proprio successore al Quirinale. E perché Letta sarebbe una soluzione non osteggiata dal Pdl e che, all’interno del Pd, lacerato ormai da divisioni insanabili, non provocherebbe quell’effetto ulteriormente divisivo che la candidatura di Amato invece sembra portare con sé.
Una decisione sarà  presa molto presto: Napolitano non ha intenzione di perdere tempo e vuole sfruttare la forza che gli viene da una disponibilità  da lui concessa solo a determinate condizioni. L’obiettivo sarebbe quello di un governo di scopo, che realizzi cioè un programma minimo, fatto di riforme, che andrebbe a coincidere con quello scritto dai dieci «saggi», opportunamente integrato. E proprio da questi potrebbe ripartire un nuovo esecutivo, da quei nomi che Napolitano ha già  scelto una volta e che, si dice, andrebbero completati con alcune personalità  femminili. Ma niente esecutivo dei tecnici, questo è certo.
Lo schema dunque potrebbe essere quello di un governo Amato con due vicepresidenti: Enrico Letta e Angelino Alfano. Oppure un governo Letta con vice Alfano. «Bischerate» le ha definite il vicesegretario uscente del Pd. Che ieri non si è girato quando Gaetano Quagliariello (Pdl) a Montecitorio lo ha ripetutamente chiamato «presidente». Lo stesso Quagliariello, essendo stato tra i saggi, ieri veniva inserito tra i ministri, con una delega alle Riforme, dicastero per il quale si è fatto anche il nome dell’altro saggio: Luciano Violante (Pd), che qualcuno però vedrebbe meglio alla Giustizia.
E poi non bisogna dimenticare che il governo ha l’appoggio di Scelta civica: il partito di Monti potrebbe prenotare qualche posto, non più di due o tre, si dice, a seconda della ampiezza dell’esecutivo. Monti ieri ha definito «decisamente improbabile» un suo incarico all’Economia, ma per lui potrebbero esserci gli Esteri, poltrona che qualcuno vedrebbe da sempre destinata a Massimo D’Alema. Sempre da Scelta civica potrebbe venire la richiesta di una conferma di Annamaria Cancellieri agli Interni (ma due ministeri «pesanti» difficilmente andranno ai montiani) e di Enzo Moavero Milanesi alle Politiche comunitarie.
La Lega, che ha votato Napolitano ma non accetterebbe un governo Amato, schiera Giancarlo Giorgetti, che è stato tra i saggi, come viceministro all’Economia o responsabile dell’Agricoltura, tra i ministeri da sempre più ambiti dal Carroccio.
Centrale, come sempre, resta l’assegnazione del ministero dell’Economia, tra i nomi graditi a Napolitano e al Pd c’è da sempre Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Banca d’Italia, ma anche qui torna il nome di Letta. Poi bisogna capire se il presidente potrà  o meno attingere alla riserva dei «saggi» non provenienti dai partiti: in caso positivo, Salvatore Rossi (Banca d’Italia), Enrico Giovannini (Istat) e Giovanni Pitruzzella (Antitrust) o l’ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida, potrebbero trovare una propria collocazione.
Antonella Baccaro

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