Letta sale due volte al Quirinale «Voglio ministri che ci credano»

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ROMA — Un nuovo incontro con il capo dello Stato a tarda sera. Il presidente incaricato Enrico Letta chiude a colloquio con Giorgio Napolitano la lunga giornata che aveva aperto proprio salendo al Colle.
Conta di avere pronta entro oggi la lista dei ministri. Se riuscirà  ad avere per il primo pomeriggio tutti i nomi oggi stesso ci sarà  il giuramento del nuovo governo, altrimenti sarà  rimandato a domani.
La parte più difficile del lavoro del presidente incaricato, che ieri tra le quattro e le sei del pomeriggio ha anche temuto che tutto potesse saltare quando i veti incrociati si erano fatti più forti, è mettere assieme i protagonisti di questi ultimi vent’anni: Giuliano Amato, Massimo D’Alema, Silvio Berlusconi, Mario Monti.
Dentro o fuori dal governo le figure più in vista della storia recente dell’Italia? Tutti premono per avere un ruolo, anche se ieri Mario Monti ha proposto che i big restino fuori dalla compagine ministeriale. Enrico Letta confida ai suoi di ritenere che ci sia un’unica strada da percorrere: «O tutti dentro o tutti fuori». Non possono esserci soluzioni diverse. Un tema affrontato dal presidente incaricato anche nei colloqui con il presidente della Repubblica. Il Quirinale tende a vedere bene l’idea del ricambio generazionale, visto anche il favore, interno e internazionale, con il quale è stata accolta la scelta del capo dello Stato di aver puntato su un giovane per la guida del governo. Non è un caso che il premier britannico, David Cameron, coetaneo di Enrico Letta, (sono tutti e due nati nel 1966) gli abbia telefonato per fargli gli auguri subito, ancor prima che il suo tentativo di formare il governo fosse coronato dal successo.
Enrico Letta va definendo quindi la sua squadra e ha un principio che lo guida sopra tutti gli altri: vuole avere con sé nomi di persone che credano nel governo che sta per nascere e non figure che servano solo per avere voti in Parlamento. La scommessa è mettere in campo un governo capace di durare, di fare le riforme, di affrontare l’emergenza del lavoro e la crisi. Tutt’altro quindi che un esecutivo di passaggio, fatto per trascinare al più presto il Paese a nuove elezioni. In questo senso il presidente incaricato ha ascoltato con soddisfazione gli incoraggiamenti che gli sono venuti da Mario Monti, che in tv, su La 7, ha pronosticato per il governo Letta una lunga vita e gli ha consigliato di mettere mano a riforme strutturali.
E siccome la sfida sulla crescita è la più importante, il presidente incaricato insiste per avere alla guida dell’Economia Fabrizio Saccomanni, persona di «grande credibilità  internazionale».
Enrico Letta ha incontrato ieri Monti, Bersani e Alfano e si è sentito con Silvio Berlusconi: giudica «costruttivo» l’atteggiamento del presidente del Pdl, anche se spesso circondato da «falchi» del suo partito che tendono a condizionarlo. D’altra parte però, è il convincimento che Letta ha confidato a chi gli è più vicino: «Berlusconi sa dove può arrivare e fino a dove noi possiamo arrivare». Letta sentirà  Berlusconi ancora questa mattina.
La trattativa sui nomi è stata ed è ancora molto complessa ma Enrico Letta pensa che tutto questo sia in qualche modo «normale» in un’impresa di questo tipo. Ed è anche soddisfatto perché sul programma si sono fatti dei passi in avanti ed è convinto che anche gli ultimi nodi alla fine saranno sciolti. Il problema più grosso è quello che viene dalla crisi economica ma il presidente incaricato pensa che dopo le elezioni anche la Germania cambierà  registro e all’Italia basterà  avere un minimo di elasticità  per riuscire a incanalare la politica economica sul binario della crescita e non solo sul rigore che finora è servito a far migliorare i conti pubblici ma ha anche ridotto al lumicino le possibilità  di sviluppo.
Alessandro Trocino


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