Lega sull’orlo del crac, gelo tra Tosi e Zaia
MILANO — Il giorno dopo le 35 espulsioni di militanti leghisti veneti vicini a Umberto Bossi, gli spintoni e gli schiaffi, nel Carroccio, la tensione resta altissima tra “bossiani” e “maroniani”. Sempre più ai ferri corti. Il governatore veneto Luca Zaia prova a gettare acqua sul fuoco e chiede a tutti di fare un passo indietro. «Siamo arrivati alle ceneri, dobbiamo venirne fuori» – dice. Andare avanti così «ha del grottesco». Non sposa la linea dura. Perché sostiene che «l’azione disciplinare è azione di violenza, che dà origine ad altra violenza, che non ci serve». Cita Leopardi, «speriamo che la gallina torni nella via e il temporale sia passato». Il suo è un invito al dialogo. «Bisogna mettere assieme i cocci. La Lega rischia la deflagrazione facendo solo danni. Dobbiamo pensare alla gente e non alle divisioni». Quanto al futuro del Carroccio, Zaia preferisce non sbilanciarsi.
«Ci vorrebbe l’indovino – confessa – per rinascere bisogna morire. Non è questione di bossiani contro maroniani. In un momento così difficile vanno gestite le diverse anime per estrazione culturale, sociale e anche politica.
Adottare solo soluzioni disciplinari non va bene, la Lega non può diventare una riserva indiana».
Flavio Tosi, segretario della Liga veneta e sindaco di Verona, respinge le critiche e si trincera nel silenzio dopo che sabato aveva dovuto lasciare precipitosamente la sede padovana del Carroccio veneto, scortato dai carabinieri, mente gli volavano contro insulti da parte dei “ribelli” bossiani. «I miei rapporti con Tosi sono normali
– taglia corto Zaia – so scindere il lavoro dal personale». Ma è evidente che dopo lo strappo delle espulsioni tra i due è calato di nuovo il gelo.
Nella sede provinciale della Lega a Venezia le bandiere sono ancora listate a lutto. La sede doveva essere consegnata al commissario, ma resta ancora in mano ai “bossiani”. Il Senatur, che non nasconde la sua rabbia per quanto è accaduto, fa sapere di non avere al momento intenzione di lasciare il Carroccio. Roberto Maroni tace. Tocca al segretario della Lega Lombardia Matteo Salvini spiegare la strategia dei maroniani. «Lavoriamo per raddoppiare gli iscritti. Le polemiche le vogliono in 10-15 persone».
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