L’economia giusta E la politica che ci vorrebbe

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L’economia è in recessione, la crisi è con noi da cinque anni e segna profondamente il paese. Le politiche europee e italiane – dei governi di Silvio Berlusconi e Mario Monti – hanno protetto la finanza e imposto l’austerità  ai cittadini, hanno tagliato la spesa pubblica e riportato i redditi indietro di dieci anni; il peso del debito pubblico è aumentato ancora. L’industria italiana oggi produce il 25% in meno di prima della crisi, un italiano su sei vorrebbe un’occupazione ma è senza lavoro, quasi il 40% dei giovani non lavora, un lavoratore dipendente su quattro è precario. Le disuguaglianze tra gli italiani sono diventate fortissime, la povertà  si estende. L’Italia sta scivolando nella “periferia” dell’Europa e non trova la strada per riprendersi.
La via d’uscita c’è. È in un cambio di rotta che si lasci alle spalle l’ideologia del liberismo e le illusioni del potere dei “tecnici”, che metta al primo posto la ripresa dell’economia e il lavoro, sulla strada di uno sviluppo diverso, giusto e sostenibile. L’Europa ha sbagliato strada e fatica a correggere gli errori: occorre ridimensionare la finanza, fermare la speculazione, rilanciare la domanda, democratizzare le decisioni dell’Unione. L’Italia deve premere per questi cambiamenti, che l’aiuterebbero a uscire dalla crisi.
Un cambio di rotta a Bruxelles e Berlino è indispensabile per superare la depressione europea, introducendo politiche più espansive. Tuttavia, anche in assenza di modifiche degli attuali vincoli europei, qualche cosa di nuovo potrebbe essere realizzato dal governo italiano. La priorità  assoluta per l’Italia è uscire dalla recessione. Si può allungare il periodo previsto per l’aggiustamento dei conti pubblici, si possono trovare nuove risorse per sostenere la spesa, si può così aumentare la quantità  della spesa pubblica e si può migliorarne la qualità  sociale – con meno cacciabombardieri F35 e più scuole, meno “grandi opere” e più “piccole opere” di tutela del territorio. Si può tassare la ricchezza e un po’ meno il lavoro, aumentare la progressività  delle imposte e sostenere i redditi di tutti: sarebbe una “grande redistribuzione” che darebbe al paese un po’ di giustizia sociale e rimetterebbe in moto una società  irrigidita e frammentata.
L’economia che uscirà  dalla crisi non può essere la stessa che vi è entrata: il che cosa e come si produce deve tener conto di nuovi vincoli – il risparmio di risorse ed energia, la riduzione delle emissioni – e delle opportunità  che si aprono in un’economia verde: la riconversione di tecnologie e produzioni, l’uso dei saperi, le risposte a bisogni più sobrii e diversificati. L’economia italiana può uscire dal lungo declino con un nuovo sviluppo, fatto di qualità  anziché quantità , con il lavoro al primo posto e la sostenibilità  come orizzonte. La mappa per l’uscita dalla crisi è in sette strade che, insieme, indicano un cambiamento possibile, fatto di proposte concrete. Tutto quello che è necessario per sbilanciare l’economia: riequilibrare i poteri, colpire i privilegi che la bloccano, farla muovere nella direzione giusta.
Questa via d’uscita non la può trovare il “mercato”, quello che, “lasciando fare” a imprese e finanza, ha portato il paese al crollo del 2008 e alla depressione di oggi. La via d’uscita la può trovare la società  e la politica. Nove italiani su dieci stanno peggio di 10 anni fa; gli interessi materiali dei “perdenti” nella crisi possono intrecciarsi all’affermazione di valori diversi da quelli del “mercato” – l’uguaglianza, la sostenibilità , la democrazia – e condurre a nuove identità  che possono ricomporsi in un blocco sociale portatore di cambiamento. Sono moltissime le esperienze che vanno in questa direzione: movimenti, campagne, associazioni che lavorano per un’economia diversa e chiedono alla politica di cambiare.
La politica è il terreno in cui questo cambiamento deve affermarsi. Meno strapotere dei partiti e più partecipazione, meno collusione coi poteri economici e più apertura alla società  civile. È questa la politica che ci vorrebbe: capace di intrecciare rappresentanza, deliberazione e partecipazione, capace di far spazio alla “politica dal basso”, capace di recuperare l’arretramento della democrazia che si è realizzato in questi anni.
Sono molte le proposte concrete, realizzabili, per riavvicinare la politica alla società . Proposte venute dalle iniziative dal basso, capaci di rinnovare anche la politica dei “palazzi”. Ritrovare la democrazia, come valore e come pratica concreta, come fine e mezzo al tempo stesso, è la stella polare di questo percorso.
Per uscire dalla crisi serve un cambio di rotta. Per “sbilanciare l’economia” è necessario cambiare le politiche. Per questo cambiamento serve un blocco sociale nuovo, capace di “sbilanciare” anche la politica e ritrovare la democrazia (www.giuliomarcon.it, www.novesudieci.org).
* Da oggi è in libreria «Sbilanciamo l’economia. Una via d’uscita dalla crisi», di Giulio Marcon e Mario Pianta (Laterza, 2013, 190 pp., 12 euro). Presentiamo qui un’anticipazione dall’Introduzione al volume.


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