«Boston strong»: la città  liberal non si piega

by Sergio Segio | 22 Aprile 2013 7:02

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Franklin Street, il teatro delle scene finali di questa tragica settimana, diventa un luogo di passeggiate domenicali. Cani al guinzaglio e carrozzine, si fa lo slalom tra le antenne paraboliche e i camion delle televisioni cercando di vedere, in lontananza, il motoscafo nel quale si era nascosto il terrorista ragazzino.
Gli agenti, che in genere tengono a distanza i curiosi con una certa rudezza, qui lo fanno col sorriso sulle labbra: «Sa, nel nostro mestiere non siamo abituati a vedere tante mani tese: ci ringraziano tutti». Trattorie e fast food di Watertown — tranquillo sobborgo divenuto per 20 ore un campo di battaglia — sono pieni come non mai. In Main Street, davanti al commissariato centrale della polizia, è un andirivieni di gente che porta lasagne fatte in casa, casse di arance, torte, fiori, pizze nelle scatole di cartone: regali per manifestare la propria gratitudine. Allo Starbucks di Mount Auburn Street continuano ad arrivare telefonate di residenti della zona che comprano carte prepagate da offrire agli agenti: pasti gratis per un bel pò di tempo.
Sollievo, ma anche orgoglio di una città  ferita che vuole tornare a vivere, che ha avuto paura ma non si è piegata. «Da domani riprende la vita normale, anche se non potremo mai dimenticare», senti dire a ripetizione dai passanti. Tra i quali c’è chi indossa ancora la tuta di nylon azzurra e gialla della maratona e chi sfoggia le nuovissime magliette «Boston Strong» che inneggiano alla forza della città . Ce ne sono di diversi tipi, stampate in fretta e furia da diverse società  come «Ink for the People» che ne ha già  vendute più di diecimila. Si è impegnata a versare tutti i profitti al fondo creato per aiutare le vittime dell’attentato.
Il «day after» di Boston è David Ortiz, il giocatore dominicano di baseball, bandiera dei «Red Socks», che grida ai microfoni del Fenway Park, lo stadio finalmente riaperto al pubblico: «Siate forti, questa è la nostra fottuta città  e nessuno può sequestrare la nostra libertà ». Prima della partita coi Royals di Kansas City, vinta dai padroni di casa, arriva da New York Neil Diamond che chiede di poter cantare dal vivo «Sweet Caroline», la popolarissima canzone americana divenuta l’inno della squadra. Poi l’omaggio dello stadio al poliziotto del MIT ucciso dai due terroristi durante la loro fuga.
Il «day after» di Boston sono, però, anche i 35 mila del Fenway Park che fanno lunghissime file davanti ai metal detector prima di entrare nello stadio, gli spogliatoi perquisiti, gli armadietti degli atleti controllati uno per uno e gli SWAT team, le squadre speciali della polizia con i cani capaci di fiutare gli esplosivi, ai bordi del campo. Stesse scene alla TD Arena, dove sono tornati in campo, dopo due partite annullate, i Bruins, i campioni dell’hockey su ghiaccio.
C’è un «day after» anche a Norfolk Street dove, al numero 410, abitavano i due fratelli. Un quartiere vivace, non lontano dalle università , pieno di bar e ristorantini etnici, che si è improvvisamente rianimato nel weekend. La strada residenziale, invece, è rimasta abbastanza silenziosa anche se è continuato l’andirivieni dei giornalisti. Agitazione solo quando arriva Katherine Russell, la moglie americana di Tamerlan, convertita all’islam. Libera dopo gli interrogatori, torna all’appartamento ma, a quanto pare, il padrone di casa non la vuole più. C’è una discussione, poi lei entra, ma solo per qualche minuto. Carica su una Volvo il gatto e due borsoni di effetti personali e se ne va.
A Back Bay, la zona dell’esplosione di lunedì, il «day after» è un’altra montagna di fiori sul «memorial» della strage. Gli isolati dell’attentato sono ancora inaccessibili. Grazie alla solidarietà  interconfessionale la Trinity Church, che è nel perimetro della «crime scene», tiene le sue funzioni religiose nel vicino Temple Israel. I fedeli della Back Bay Church, invece, si riuniscono all’aperto per pregare e cantare, all’incrocio tra Boyltcon e Berkeley Street.
Oggi la città  torna al lavoro, le università  riaprono i loro campus. Ma al Mit e alla Boston University si riprende con la commemorazione del poliziotto e della studentessa cinese caduti in questi giorni terribili.

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