La riunione di sinistra e Sel in un correntone del ministro

by Sergio Segio | 6 Aprile 2013 6:37

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ROMA — Non accade tanto spesso, però stavolta le premesse sono buone: la profezia di Massimo D’Alema potrebbe avverarsi. «I giovani turchi — spiegava a un amico l’ex premier — sono pronti ad aiutare Renzi a dare la scalata al partito perché in cambio sperano di formare un correntone del 40 per cento».
È passato un mesetto da quando D’Alema ha pronunciato questa frase. Da allora pare che anche l’ex presidente del Consiglio abbia cambiato idea sul conto del sindaco di Firenze e che tutto sommato non ritenga poi nocivo per il Pd il fatto che nel partito si muovano le acque, visto che nemmeno lui è soddisfatto della gestione Bersani: colpa delle troppe «incertezze» nelle alleanze, della «rincorsa» ai grillini e della mancanza di una salda direzione politica.
Ma tornando alla profezia dalemiana: è chiaro che un’impresa del genere — ossia la nascita di un correntone — per trattare con Renzi ad armi pari quando verrà  il suo turno, necessita di un leader da contrapporre al sindaco di Firenze (magari anche alle primarie) per poi meglio trattare. L’altro pomeriggio non era quindi per niente casuale l’incontro tra un gruppo di giovani turchi alla Camera: Andrea Orlando, Matteo Orfini, e altri. Con loro Gianni Cuperlo. Oggetto della riunione l’avvento del ministro Barca che ha scritto un corposo documento sul ruolo dei partiti nel futuro e che non nasconde la tentazione di muovere i suoi primi passi in politica.
«Lui — è la teoria di Orfini — può essere la cerniera tra noi e Sel». Sì, perché come ha rivelato al Manifesto, Orfini ha un piano ben preciso in mente: aprire le porte del Pd a Sel per ingrossare le fila della componente di sinistra. Anche così, del resto, si costruisce un correntone. L’idea non è dispiaciuta a Nichi Vendola, che dalle colonne dell’Huffington Post, propone: «Mescoliamoci». Obiettivo a cui Barca potrebbe contribuire, perché come spiega lo stesso ministro agli amici: «Io mi muovo tra Pd e Sel».
Del resto, un profondo conoscitore delle cose di sinistra, l’ex deputato Pd Peppino Caldarola, è convinto che sarebbe cosa saggia e giusta se «di fronte all’eventuale avanzata di Renzi, la sinistra si accingesse, per esempio guidata da Barca, a fare la sinistra interna». Certo, a questa prospettiva se ne aggiungono altre due. La prima, evocata dallo stesso Caldarola, è quella della scissione. In questo caso il ministro per la Coesione territoriale potrebbe diventare il leader di un grande partito di sinistra composto da Sel, dai fuoriusciti del Pd e da altri mondi che gravitano in quell’area politica. La seconda prospettiva è di segno opposto. E consisterebbe in un accordo tra Renzi e Barca per assegnare al primo la candidatura a premier del centrosinistra e al secondo la segreteria del partito. Ma il sindaco di Firenze quando qualcuno gli chiede di questa ipotesi che gira da qualche tempo, risponde secco: «Tutte stupidaggini».
Comunque, questi movimenti — e questi discorsi — lasciano chiaramente intendere che la fase del «dopo Bersani» di fatto si è già  aperta. D’altra parte, è stato proprio il leader del Partito democratico a dire che la «ruota gira» e che non tutti possono rimanere all’infinito al loro posto. Insomma, i sintomi dell’avvio di un processo nuovo nel Pd ci sono tutti. Lo dimostra anche il movimentismo dei renziani. Nella sola giornata di ieri i parlamentari che fanno riferimento al sindaco di Firenze hanno lanciato due iniziative. La prima, in mattinata, di conserva con i «giovani turchi» e i lettiani. Tanto per far capire al segretario che la maggioranza interna al partito sta cambiando. L’iniziativa in questione consiste in una lettera al capogruppo della Camera e allo stesso Bersani per chiedere, contrariamente alla linea ufficiale del partito, che vengano formate le commissioni, così come chiedono anche i grillini e Sel. Un modo per avvertire il leader che non potrà  usare quegli organismi parlamentari — e le loro presidenze — per trattare con le altre forze politiche e ottenere il via libera per il suo governo di minoranza. Tra i firmatari, i renziani Rughetti e Nardella e il «turco» Orfini.
La seconda iniziativa l’ha presa un altro renziano, il vice presidente della Camera Roberto Giachetti: ha convocato una conferenza per annunciare ai giornalisti che basta un terzo dei deputati per istituire il 16 aprile una commissione speciale per la riforma elettorale e costringere i partiti a confrontarsi con questo tema. Un’ennesima bomba sulla via di un Bersani, che i suoi detrattori interni dipingono «più malleabile» nei confronti di Berlusconi. Impressione ricavata dall’aver visto le lunghe — e frequenti — passeggiate di Verdini e Migliavacca che camminano a braccetto su e giù per via del Corso, confabulando tra di loro. Ma Bersani non ci sta a farsi dipingere in questo modo e a essere quasi archiviato: «Vogliono delegittimarmi e questo è inammissibile, non si fa battaglia politica così».

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