La piazza piange Sampedro, l’economista indignato

by Sergio Segio | 10 Aprile 2013 7:29

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MADRID. L’intelectual comprometido, così la Spagna ricorda José Luis Sampedro, scrittore, umanista ed economista che seppe appunto impegnarsi per la vita, per il suo paese, saltando le barriere generazionali andando in ascolto della voce che dalle piazze si oppone al modello del neoliberismo selvaggio. «I giovani che si ribellano e protestano già  vivono in un’altra epoca, mentre i bambini vanno molto oltre, perché già  sono di un altro mondo», diceva. Sampedro è morto domenica, a 96 anni, nella sua casa di Madrid, ma la notizia è stata diffusa solo ieri, dopo la cremazione, per sua espressa volontà : «Voleva andarsene in modo delicato, senza clamore», senza atti di omaggio ed esequie ufficiali, ha spiegato sua moglie, la filosofa Olga Lucas, così come aveva sempre vissuto.
È stato uno dei riferimenti del movimento degli indignados, aveva presentato e scritto la prefazione spagnola del saggio Indignatevi di Stéphane Hessel, l’altro nonno ribelle morto alla fine di febbraio. Era convinto che «il sistema capitalistico sta morendo perché il mondo occidentale sta attraversando un’autentica metamorfosi». «Ci sono due tipi di economisti: quelli che fanno più ricchi i ricchi e noi che lavoriamo per fare meno poveri i poveri», spiegava così il suo lavoro, lui che all’università  ha allevato generazioni di futuri ministri (Miguel Boyer, Carlos Solchaga, Pedro Solbes e Elena Salgado), ma sempre con lo sguardo puntato agli angoli delle strade.
Dottore in economia, esponente della Real Academia spagnola dal 1990, docente di Struttura economica all’Università  Complutense di Madrid fino alla pensione, eletto senatore nella prima legislatura post-franchista fra il 1977 e il 1979, nel 2011 fu insignito del «Premio Nacional de las Letras» per essere «uno dei più importanti scrittori in lingua castigliana, un riferimento intellettuale e morale di primo ordine della Spagna della seconda metà  del XX secolo». Nato a Barcellona il 1 febbraio del 1917, visse a Tangeri, in Marocco, città  cosmopolita, fino all’età  di 13 anni. Allo scoppio della guerra civile nel ’36 fece parte dell’esercito repubblicano per poi passare dalla parte dei generali sollevati. «Nell’aprile del 1939 ho capito che i miei non avevano vinto. Né gli uni né gli altri erano i miei», spiegherà  anni dopo.
Della sua produzione economica e letteraria, passioni che hanno sempre camminato parallelamente, si ricordano il primo romanzo La statua di Adolfo Espejo, scritto nel 1934 ma pubblicato solo nel 1994 e Il sorriso dell’etrusco, del 1985, che in Spagna ha venduto oltre 400.000 copie.

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