La Nord Corea avverte le ambasciate «Evacuate lo staff»

by Sergio Segio | 6 Aprile 2013 6:59

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Una mossa a sorpresa, l’ennesima. Ma in linea con il «via libera all’attacco nucleare contro le basi americane nella regione», dato giovedì. Nonostante Pechino, principale alleato, inviti ad abbassare i toni, Pyongyang pare intenzionata a soffiare sul fuoco della retorica di guerra.
Fa parte della storia del regime tirare la corda fino ai limiti estremi, con l’alternarsi di minacce, di provocazioni e di bluff. E la richiesta avanzata ai governi stranieri di lasciare libere le loro ambasciate va letta dentro questa strategia trentennale di sopravvivenza e di divisione del «nemico». Ecco perché il Foreign Office e Mosca hanno risposto di non avere alcuna intenzione di ritirarsi e di rimpatriare i diplomatici. Londra, che si è consultata con Washington, usa parole moderate: «Nelle recenti settimane il governo della Corea del Nord ha alzato le tensioni (…), sollecitiamo il governo a lavorare costruttivamente con la comunità  internazionale». La linea concordata è di usare il massimo della cautela. Le minacce devono essere prese con la necessaria serietà  e razionalità . I segnali sono contradditori. La Cina, oltre che attraverso le fonti diplomatiche, ha parlato con un servizio della sua agenzia ufficiale dalla capitale coreana: non vi sono in corso preparativi bellici, si svolgono le solite adunate di massa e addirittura si stanno preparando i festeggiamenti del 15 aprile, anniversario della nascita di Kim Il-sung, «il grande leader fondatore della Repubblica Democratica».
D’altro canto però Pyongyang, accerchiata da tutte le diplomazie, alza l’asticella della tensione: l’agenzia di stampa della Corea del Sud rivela che due missili a medio raggio, puntati contro il Giappone, la stessa Corea del Sud e i territori americani di Guam, sono stati dislocati sulle coste orientali del Nord. Circostanza che ha indotto Seul, dove i venti di crisi hanno messo in ribasso il mercato borsistico (meno 1,64) e costretto la General Motors a predisporre un piano di emergenza produttiva, a muovere due corazzate con tecnologie e armamenti in grado di intercettare eventuali missili balistici. È una situazione che nelle sue due opposte facce, la tranquillità  a Pyongyang e i movimenti militari associati alle minacce, spinge gli analisti a parlare di gravi «turbolenze» determinate dalla Corea del Nord a fini propagandistici. Il punto lo faranno i ministri degli Esteri cinese e americano che si incontreranno nei prossimi giorni. Sperando che Pyongyang nel frattempo, spinta da Pechino, si convinca a congelare la retorica della guerra.

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