La legge dimenticata sui magistrati fuori ruolo

by Sergio Segio | 8 Aprile 2013 7:47

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Accidenti: dimenticato! Non è chiaro chi dovesse farsi un nodo al fazzoletto per ricordare la scadenza della legge delega con cui il governo doveva metter ordine nel
caos dei magistrati  fuori ruolo «provvisoriamente» aggregati ai vertici delle burocrazie. Fatto sta che il tempo è scaduto. E tutto, tra i sospiri di sollievo dei giudici che fanno altri mestieri, resta come prima. Privilegi compresi.
La giungla di queste «toghe» che a volte, scusate il bisticcio, non indossano la toga da vent’anni perché dà  più prestigio, più potere e più denaro occupare altre poltrone vicine al governo e alla politica, da quella di capo di gabinetto a quella di capo dell’ufficio legislativo e così via, va avanti da decenni. Ed è così intricata che non è neppure facile accertare il numero esatto di questi alti burocrati di complemento.
Secondo Notizie radicali, voce d’un partito da sempre combattivo sul tema, nell’ottobre 2012 erano 260: «Un numero elevatissimo» sottratto a un organico «largamente deficitario». Secondo Paola Severino, un anno fa erano un po’ di meno: 227. Molti dei quali (91) via via «arruolati» dai vari guardasigilli al ministero della Giustizia. Con tutti i risvolti che riguardano i possibili conflitti di interessi: perché mai un magistrato dovrebbe collaborare a scrivere regole in qualche modo punitive, sotto il profilo contrattuale o economico, verso i magistrati? O perché mai a un giudice del Tar «in prestito» come capo di gabinetto in un qualsiasi dicastero dovrebbe essere consentito di fare scelte che potrebbero finire al vaglio del «suo» tribunale?
Che il problema sia serio lo dice lo stesso Consiglio superiore della magistratura. Che in una circolare del febbraio 2008, lamentando che ormai il fenomeno era fuori controllo, sosteneva la necessità  di «porre un argine a un numero eccessivo di richieste di destinazione di magistrati a funzioni extragiudiziarie, in un momento storico caratterizzato da gravi scoperture di organico e da un’intollerabile lunghezza dei tempi del processo».
Insomma, insisteva il Csm, questo «fenomeno delle “carriere parallele”, tanto criticato all’interno e all’esterno della magistratura» è così diffuso che «troppi magistrati» percorrono «una parte eccessiva della carriera in funzioni diverse da quelle giudiziarie» finendo per appannare «l’immagine di terzietà  che solo la pratica del processo assicura e consolida». Traduzione: se un giudice si lega in modo stretto alla politica, perché sono i politici ai vertici delle amministrazioni a scegliere i collaboratori, come potrà  poi rivendicare la sua imparzialità  se dovesse tornare a svolgere le antiche mansioni? Tanto più, riconosceva l’allora segretario dell’Anm Giuseppe Cascini, che «gli alti stipendi di Via Arenula intaccano l’indipendenza dei magistrati fuori ruolo».
Ovvio: la disparità  di chi prendeva due buste-paga (e la seconda spesso molto più alta della prima) era vistosa. Ed è rimasta, sia pure ridotta, dopo il ritocco che oggi consente alle toghe che fanno «provvisoriamente» altri mestieri di intascare lo stipendio da giudice e il 25% dell’indennità  del ruolo supplementare.
Contro questo andazzo i radicali presentarono a fine 2008 un disegno di legge assai restrittivo: un buco nell’acqua. Nella primavera scorsa, sembrò che fosse la volta buona. Nonostante l’iniziale freddezza del suo partito, il Pd Roberto Giachetti riuscì a far passare un emendamento che, col voto corale della Camera, diventò un articolo aggiuntivo alla legge anticorruzione. Pochi principi: basta coi magistrati fuori ruolo per decenni, basta con le aggiunte di stipendio, basta con le deroghe. D’ora in avanti, un giudice penale, civile, amministrativo o militare poteva avere incarichi nei ministeri, alle Authority o in altre amministrazioni per un massimo di cinque anni più altri cinque solo dopo esser ritornato per cinque a indossare la toga.
Al Senato, però, emersero subito problemi. E l’articolo fu stravolto, accusa Giachetti, con il recupero di un sacco di eccezioni e l’allungamento del limite a 10 anni a partire dal varo della legge, «col risultato che chi da 20 anni ha un incarico “provvisorio” può restarci ancora fino ad arrivare a 30. Inaccettabile».
Il mondo intero, però, preme perché la legge anti-corruzione passi. Monti ci mette la fiducia e fine del dibattito. Tornato alla Camera l’articolo sui «fuori ruolo» è così diverso da quello votato che il governo prende un impegno: dopo la fiducia mettiamo ordine noi con un decreto legislativo. A quel punto il deputato pd presenta un ordine del giorno firmato pure dal leghista Marco Reguzzoni: entro dicembre 2012 devono essere resi pubblici on-line tutti i nomi, gli incarichi, la durata, i precedenti dei magistrati fuori ruolo perché sul tema ci sia infine trasparenza e «aggiornare tale banca dati con periodicità  mensile». Il governo è d’accordo. L’aula vota all’unanimità .
Ma i mesi passano, la situazione politica s’infiamma, si avvicinano le elezioni anticipate. E intorno alla legge delega per metter ordine spuntano indiscrezioni di ogni genere, compresa una «bozza apocrifa», rivelata dal Corriere di nuove deroghe che consentirebbero ai fuori ruolo, se messi «in aspettativa senza assegni» (dettaglio secondario con le indennità  che andrebbero a incassare) di assumere incarichi impensabili, come quello di presidente dell’Eni o della Rai. Replica Filippo Patroni Griffi: anzi, fisseremo per «prima volta in maniera stringente e organica l’inconferibilità  di incarichi dirigenziali e le incompatibilità  nei casi di condanne penali anche non passate in giudicato e di potenziale conflitto di interessi. Presto sarà  riunito il Comitato dei ministri che fornirà  le linee…».
La scadenza della legge delega è fissata al 28 marzo. Nel pieno della crisi di governo. E nei dintorni di Mario Monti pensano: perché cacciarci in altre polemiche? Meglio far finta di niente. Infatti se ne accorge solo una piccola agenzia, Public Policy. La legge viene lasciata andare a male. E tutto, dopo tanti polemiche e tanti annunci, resta così come stava.
A proposito: quella famosa banca dati da mettere online entro il 31 dicembre con tutti i nomi e gli incarichi che fine ha fatto?

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