La grande illusione della web-democrazia
Anche, contemporaneamente, nell’uno e nell’altro. Ma si tratta comunque di un flop, tanto più clamoroso perché colpisce un movimento che proprio sulla Rete ha fondato la sua natura costitutiva, la sua identità culturale e politica. Quale che sia ora il responso del “popolo di Internet” a cinque stelle sulle candidature al Quirinale, risulterà fatalmente viziato da una riserva di legittimità e attendibilità che ne compromette il valore. Dai brogli elettorali di antica memoria, nell’era della Democrazia 2.0 si passa così agli imbrogli informatici.
Qualsiasi cosa sia successa (Grillo parla di un’intrusione di hacker, la società di controllo di semplici “anomalie”), il vertice del M5S, ha dovuto annullare questa prima tornata della consultazione online. E non è poco per un soggetto politico che finora non ha dimostrato una particolare responsabilità nel suo esordio parlamentare. Ma ora dovrebbe essere lo stesso Movimento a trarne le conseguenze, per riconoscere i limiti oggettivi di un tale strumento e adottare regole di trasparenza “erga omnes”. Per non restare prigioniero e vittima del suo totalitarismo mediatico.
La vulnerabilità del sistema non è soltanto un dato tecnologico. È più propriamente un fattore genetico di quella che un autorevole studioso come Stefano Rodotà , nel suo illuminante libro Il diritto di avere diritti, chiama “la dittatura dell’algoritmo”. E non certo per disconoscere la “cittadinanza digitale”, ma anzi per rafforzarla e tutelarla. “Nella società dell’algoritmo – avverte Rodotà – svaniscono garanzie che avrebbero dovuto mettere le persone al riparo dal potere tecnologico”. Da qui, dunque, la necessità di disciplinare la Rete in modo che non diventi il Far West o la giungla della comunicazione globale, a rischio di screditare se stessa, la propria funzione e i propri utenti. È una nuova frontiera della democrazia, da presidiare e difendere in funzione dell’interesse generale, favorendo la sua crescita sociale e civile.
Applicata alla vita politica, la lezione insegna che i legittimi diritti della “piazza virtuale” non possono essere delegati a un clic né quando si tratta di scegliere i propri rappresentanti né tantomeno un candidato alla presidenza della Repubblica. Quando è in gioco appunto la democrazia, occorrono evidentemente regole e garanzie superiori a quelle dell’e-commerce. Altrimenti, si rischia di mandare in Parlamento con una cinquantina di voti elettronici qualche sprovveduto o qualche screanzato che non conosce neppure la differenza fra Camera e Senato o, peggio ancora, di “eleggere” alla più alta carica dello Stato qualche star televisiva o qualche “cittadino comune” come fosse una nomination del Grande Fratello. Ovvero, di essere costretti alla ritirata o alla resa dai “pirati informatici”.
Con i suoi otto milioni e passa di voti depositati nelle urne, il Movimento 5 Stelle rappresenta ormai una forza politica popolare che come tale va rispettata e con la quale è necessario confrontarsi a livello istituzionale. Può rappresentare una “scossa salutare” per sconfiggere la partitocrazia, la corruzione e il malaffare, se sarà capace di contribuire in modo costruttivo al rinnovamento della democrazia italiana. Quella autentica, fatta di uomini e donne, di persone e di cittadini, non solo di clic spesso anonimi o addirittura clandestini.
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