by Sergio Segio | 7 Aprile 2013 7:28
ROMA – Italia, un paese da cui fuggire. Il numero dei cittadini che la pensano così nell’anno passato è aumentato di un terzo. Nel 2012 a dare l’addio al paese sono stati 79mila italiani, quasi 20mila in più rispetto all’anno precedente (quando ci si era fermati a quota 61mila). A un’emorragia simile non si assisteva da decenni. E l’aspetto più grave dei dati registrati dall’Anagrafe della popolazione italiana residente all’estero (Aire) è che ad andarsene sono soprattutto i giovani fra 20 e 40 anni, pari al 44,8% degli emigranti, in aumento del 28,3% rispetto al 2011.
I registri dell’Aire catturano le dimensioni di un flusso, ma non tengono contro del titolo di studio o delle motivazioni di chi parte. A scavare in questi dettagli è stata, l’anno scorso, l’indagine Istat “Italiani residenti all’estero”. E qui l’impressione che l’emigrazione italiana sia diventata più qualificata – una vera e propria “fuga dei talenti” – viene confermata in pieno. Se l’unità d’Italia e la crudezza dei due dopoguerra hanno spinto a imbarcarsi per andare oltre oceano molti italiani del Sud e molti giovani maschi con poca istruzione, oggi sono soprattutto i laureati del Nord a lasciare il paese in cerca di un’opportunità all’altezza della loro preparazione.
In vent’anni la mappa dell’emigrazione italiana si è completamente capovolta. Nella prima metà degli anni ‘90 uno su quattro fra chi lasciava il paese partiva da una regione settentrionale. Oggi sono diventati più della metà (54%), mentre sono crollati gli addii dal Meridione: dal 61 al 27% rispetto al totale degli emigrati. Il risultato è che nel 2012 Lombardia e Veneto sono state le due Regioni che più hanno alimentato il deflusso di sangue giovane e prezioso, mentre la Germania è il paese di destinazione più gettonato.
Non c’è nulla di cui stupirsi se il sentiero che porta verso il nord Europa si è scavato sempre di più. Lo “spread” della disoccupazione fra Italia e Germania si è ampliato negli ultimi anni fino a diventare un dirupo: 11% per Roma contro il 7% per Berlino. E se si guardano i giovani con meno di 25 anni, in Italia 37 su 100 sono senza lavoro, contro l’8% dei coetanei tedeschi.
Ma riempire una valigia e partire oggi non basta più. I paesi che assorbono manodopera (oltre alla Germania, la Svizzera e la Gran Bretagna sono in testa alle mete dei giovani italiani) cercano lavoratori qualificati. Ecco perché gli emigrati con un diploma sono crollati tra il 2001 e il 2010 da 14 a 8mila, mentre i laureati sono l’unica categoria in aumento: da 3.879 a 6.276 italiani ogni anno e dall’8,3 al 15,9% rispetto al totale dei partenti. Sempre secondo i dati dell’Aire (anticipati ieri dalla trasmissione “Giovani talenti” di Radio 24), gli uomini che decidono di emigrare sono il 56% rispetto al 44% delle donne.
Una volta arrivati all’estero, i “giovani talenti” finiscono col trovarsi bene. Oltre la metà , secondo l’Istat, svolge un mestiere classificato come “dirigenziale” o come “professionista a elevata specializzazione”. Questo dato fra i giovani laureati rimasti in Italia è invece del 42%. E il prezzo del biglietto per andare all’estero è ampiamente ripagato dallo stipendio. Mettendo uno di fronte all’altro due laureati che lavorano a tempo pieno, quello che si trova in un paese straniero guadagna mediamente 540 euro in più rispetto al giovane che è restato in Italia.
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