by Sergio Segio | 24 Aprile 2013 6:30
ROMA — La finanza va bene, il Paese reale meno. L’effetto incrociato della riconferma di Napolitano al Quirinale e della prospettiva di un prossimo ribasso dei tassi da parte della Bce, ha fatto scendere in picchiata lo spread e portato in alto la Borsa, ma i dati sui consumi e le incertezze sul Pil hanno subito ricondotto alla realtà della crisi in corso.
Ai mercati la rielezione del Presidente della Repubblica – e l’aspettativa di un’imminente formazione del nuovo governo è piaciuta. Rafforzato anche dall’idea che nelle prossime settimane la Banca Centrale Europea procederà ad un taglio dei tassi (e ulteriormente potenziato dal buon risultato dell’asta dei titoli di Stato in Spagna) ieri il differenziale fra i Btp decennali e i corrispondenti Bund tedeschi è sceso fino ad un minimo di 265 punti (quota che non si vedeva dal periodo precedente alle elezioni di febbraio) chiudendo poi a 268 (all’apertura segnava 284). Una ventata di ottimismo che ha spinto ad un deciso rialzo anche la Borsa, con Piazza Affari volata fin quasi al 3 per cento (l’indice Ftse Mib ha chiuso a più 2,93 per cento).
Ma i segnali positivi che arrivano dalla finanza non trovano riscontro nelle analisi economiche emerse durante le audizioni per il Def (Documento di economia e finanza). L’Italia, infatti, è un Paese dove si compera poco e si evade tanto, dove chi paga le tasse paga assai e dove il futuro del Pil resta avvolto nell’incertezza. Pur se ad aprile la fiducia dei consumatori sembra in lenta ripresa, quando si tratta di spendere si continua a tirare la cinghia: l’Istat avverte che ora il 62,3 per cento delle famiglie fa la spesa all’hard discount (più nove punti rispetto ad un anno fa) e il 70,1 per cento non solo taglia quantità e qualità degli alimentari messi nel carrello, ma riduce all’osso anche le spesa per la salute, eliminando visite mediche e analisi. Rete Imprese, sempre durante le audizioni alla Commissione speciale, ha stimato che ormai oltre 4 milioni di persone vivano in povertà assoluta.
Dai consumi alle tasse: chi paga versa troppo, la pressione fiscale – ricorda Bankitalia – nel 2012 è volata al 44 per cento (ma per Confindustria quella reale, al netto del sommerso, è arrivata al 53), livello superiore di 3 punti rispetto alla media europea. «L’elevato livello di evasione fiscale rende il carico sui contribuenti onesti ancora più ingente e fa da ostacolo alla crescita delle imprese ». Non solo: sull’andamento del Pil – prevede la Banca centrale – «gravano rischi al ribasso» e, comunque, per finanziare la cassa integrazione e le missioni all’estero e per evitare l’aumento dell’Iva a luglio, sarà «necessario trovare coperture o si rischierà di sforare il tetto del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil». In frenata anche sul taglio dell’Imu:
per garantire il pareggio di bilancio nel 2013 «vanno immediatamente dissipate le incertezze sulla stabilità del gettito» avverte via Nazionale. Se poi i governi futuri volessero mantenere l’equilibrio e rifinanziare tutti i programmi di spesa, «nel 2015-17 servirà una manovra da un punto di Pil». Si tratterà di «manutenzione dei conti, non di manovra» e sarà dello 0,6 precisa il ministro dell’Economia Grilli: è vero, ha ammesso, il 2012 è stato un anno di «notevoli sacrifici », ma ora «il Paese è più solido », pur se «Il risanamento è un percorso stretto e richiede una prosecuzione di sacrificio».
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