Il Venezuela sulla scia di Chà¡vez Nuovo leader, economia vecchia

Loading

RIO DE JANEIRO — Del quindicennio chavista — costellato da innumerevoli chiamate alle urne — questo passaggio elettorale in Venezuela ha tutte le caratteristiche: l’evidente squilibrio tra governo e opposizione, la sicumera del probabile vincitore e lo sconforto di chi sogna la svolta, la curiosità  internazionale e i dubbi sulla tenuta futura del sistema. Manca solo il protagonista principale, Hugo Chà¡vez Frias, scomparso un mese fa dopo una lunga lotta contro il cancro. Non è una differenza da poco, ma nemmeno così determinante, almeno fino a questo momento. Perché è passato troppo poco tempo per sapere se il chavismo senza Chà¡vez avrà  o meno un futuro. E non sarà  questo voto a stabilirlo.
Si conoscerà  solo all’alba di oggi il risultato della sfida tra Nicolà¡s Maduro e Henrique Capriles per la presidenza della Repubblica. Il primo è stato prescelto da Chà¡vez prima di partire per l’ultima disperata operazione a Cuba e raccomandato ai suoi come la miglior garanzia di continuità . Capriles ha già  perso una sfida lo scorso ottobre, contro un Chà¡vez fintamente guarito. Si sussurra che avrebbe evitato volentieri la rivincita — contro il mito appena asceso al cielo a fianco di Gesù e Che Guevara (parole di Maduro) — ma ha dovuto farlo e si è battuto come un leone. Raggiungendo, secondo le previsioni a urne chiuse di ieri sera, un risultato superiore alle aspettative.
Il Venezuela lasciato da Chà¡vez è un Paese spaccato in due, come da oltre un decennio, e con la sua Revolucià³n su una china assai incerta. La leadership chiara di Maduro in questo mese ha per ora messo da parte gli interrogativi su quale anima del regime avrebbe preso il sopravvento; ma non ha dissipato i dubbi sulla tenuta del sempre più strano animale chiamato «socialismo del XXI secolo». Un’economia ormai per oltre metà  in mano allo Stato, con un circolo vizioso tra alta inflazione e aumenti continui dei salari, una moneta sempre più debole e la solita, drammatica dipendenza dal petrolio. Il governo che pompa denaro in prossimità  delle elezioni non è una novità : serve a sostenere i consumi, i quali a loro volta offrono la sensazione di un miglioramento delle condizioni di vita. Le file per comprare elettrodomestici e mobili al «prezzo giusto», vale a dire tenuto basso dal governo, fanno dimenticare la realtà  di un’economia prossima allo stremo, soprattutto nel settore alimentare.
Dati non ufficiali, raccolti dal Wall Street Journal, riportano che negli ultimi otto anni di espropri e tentativi di creare l’agricoltura socialista, la produzione di grano è crollata del 25%, quella di riso del 34 e l’allevamento di bestiame del 27. Il Venezuela è costretto a importare ormai (soprattutto dal Brasile) tutti i componenti base dell’alimentazione. Se i prezzi del petrolio, l’unica fonte di esportazione, dovessero crollare, il prossimo governo avrebbe enormi difficoltà  a far quadrare i conti. Anche perché la distribuzione di alimenti a prezzi sussidiati rappresenta un ulteriore costo per le casse pubbliche. L’ultimo adeguamento del cambio tra bolivar e dollaro è avvenuto mentre Chà¡vez agonizzava a Cuba, ma è stato ignorato dal cambio parallelo, che assegna alla moneta Usa tutt’altro valore. Una delle prime misure di emergenza potrebbe essere una nuova svalutazione, oppure la rottura del tabù per cui la benzina in Venezuela è gratis. Tutti gli aggiustamenti che Chà¡vez non ha voluto fare da vivo, per motivi ideologici o perché impopolari, potrebbero così toccare ai suoi fedelissimi. Che già  da vivo lui incolpava, e licenziava su due piedi, quando le cose non andavano, allontanando da sé qualunque responsabilità . Per il regime, ora, questo giochino è finito per sempre.


Related Articles

Il Psoe resiste: «No a Rajoy»

Loading

Spagna. Dura un’ora l’incontro tra popolari e socialisti. Alla fine Sanchez ribadisce: «Nessun accordo». E stasera parla il Re

Stop al sultano Erdogan per mano del piccolo curdo

Loading

Con oltre il 40% dei voti, in molti Paesi si sarebbe giustamente festeggiato. In Turchia no, perché il risultato di ieri è stato uno schiaffo al presidente della Repubblica Recep Tayyp Erdogan

La Knesset impone la divisa agli ultraortodossi

Loading

Israele. Una nuova legge costringerà gradualmente gli ebrei “timorati” a fare il servizio militare. Esultano la destra ultranazionalista e il partito laicista Yesh Atid. Intanto ieri sera si temeva un duro attacco israeliano contro Gaza dopo il lancio di razzi da parte del Jihad Islami

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment