Il talento sprecato degli immigrati fa perdere all’Ue miliardi di euro

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BRUXELLES – L’Europa perde decine di miliardi di euro all’anno perché non utilizza appieno il talento degli immigrati. A mostrarlo è l’ultimo rapporto dell’Enar, il network europeo contro il razzismo, che sottolinea quanto il fatto di  non sfruttare i talenti diversi delle persone che arrivano nell’Ue sia ancor più grave vista l’attuale crisi economica, l’invecchiamento della popolazione e la diminuzione dei tassi di natalità . Lo studio, chiamato “Hidden talents, wasted talents” (Talenti nascosti, talenti sprecati) sottolinea come in un periodo di austerità , l’immigrazione non è parte del problema ma piuttosto parte della soluzione per la ripresa dell’economia dell’Ue.

Per dare qualche esempio, in Italia centinaia di migliaia di anziani resterebbero senza nessuno che si prendesse cura di loro se non ci fossero le badanti: dal 2005 al 2007, un quarto degli immigrati che hanno ottenuto un regolare contratto di lavoro nel nostro paese sono stati impiegati nel settore dell’assistenza familiare. Stiamo parlando di quasi duecentosessantamila persone. E in Italia, così come in Spagna, Germania e Reno Unito, nel periodo compreso fra il 2004 e il 2008 si è registrata una forte crescita degli imprenditori immigrati.

Ma se ci si spinge oltre i confini del nostro paese, i dati del rapporto Enar sono ancora più significativi e mostrano come il contributo degli immigrati in tutti i paesi dell’Ue è non solo economico, ma anche culturale, sociale e politico: il multilinguismo portato dall’immigrazione permette l’apertura a nuovi mercati; la cucina europea è ormai pervasa da cibi provenienti da paesi di immigrazione (in Germania vengono venduti più di due milioni di kebab al giorno e il couscous e la cucina indiana sono solo altri due fra gli innumerevoli esempi che si potrebbero fornire); la presenza di immigrati negli sport professionistici è altissima (nella Premier League inglese, ad esempio, in media ogni squadra, nel 2009, contava su 13 giocatori non cittadini dell’Unione Europea); infine, sempre più immigrati o figli di immigrati ricoprono posizioni importanti nella politica locale o nazionale in un numero crescente di Stati membri.

Per tornare ai numeri, il 20 per cento dei medici nei paesi Ocse sono immigrati o provengono da famiglie di immigrati, e nel Regno Unito il 35 per cento delle infermiere per malati a lunga degenza non sono cittadine Ue. L’Ocse calcola inoltre che ogni imprenditore o libero professionista immigrato crea dagli 1,4 ai 2,1 posti di lavoro in più in Europa. In Francia, gli immigrati contribuiscono all’economia pagando allo Stato transalpino 18,4 miliardi di euro all’anno provenienti da spese relative ai consumi e 12 miliardi in tasse, e in Austria il loro potere d’acquisto è stimato in 20 miliardi all’anno. In Germania, solo la comunità  turca contribuisce all’economia tedesca con 35 miliardi di euro.

Il rapporto Enar affronta anche il tema dell’innovazione: i colossi telematici Google, Yahoo, Youtube, Ebay e Paypal sono tutti nati dalle menti di immigrati o figli di immigrati, e in questo l’Europa dovrebbe imparare la lezione dagli Stati Uniti, tanto più che molti studi dimostrano come un mercato del lavoro in cui la diversità  sia considerata un valore piuttosto che un disvalore produce idee più originali e innovative.

Il commissario europeo agli Affari interni, Cecilia Malmstrà¶m, presente al lancio della pubblicazione, ha dichiarato: “Immaginate se per un giorno tutti gli immigrati nell’Ue smettessero di lavorare. L’economia dei 27 paesi UE collasserebbe. Questo basta a dare un’idea del contributo che gli immigrati danno alla nostra società ”. E la Malmstrà¶m ha spiegato che il problema non è la Commissione, ma gli Stati membri: “Noi commissari, chi più chi meno, stiamo facendo di tutto per adottare politiche sull’immigrazione che valorizzino i diversi  talenti che le persone esprimono quando arrivano in Europa, ma è il Consiglio che ha spesso posizioni meno progressiste e più conservatrici. Penso però che ad esempio, già  bandire il termine immigrati illegali – come ha fatto l’agenzia di stampa AP – sia un passo nella giusta direzione. Non ci sono immigrati illegali perché nessuno è illegale in quanto tale, ma solo persone che sono entrate illegalmente in Europa, e la differenza non è di poco conto”. (Maurizio Molinari)

 

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