I (troppi) conti sospesi tra i vincoli della politica e 36 ostacoli burocratici

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I primi a chiedere che il decreto fosse emendato dalle Camere sono stati quelli di Rete Imprese Italia che ne hanno sottolineato da subito alcune incongruenze e farraginosità , chiedendo implicitamente di introdurre nel test una clausola di salvaguardia. Ovvero se l’iter previsto dai ministeri competenti incontrasse degli intoppi scatterebbe la possibilità  di compensare debiti/crediti oltre la soglia dei 700 mila euro previsti dal decreto. Nelle prime ore post decreto Rete Imprese Italia era rimasta quasi isolata, via via però i dubbi avanzati dal portavoce Carlo Sangalli sono stati condivisi anche dalla Confindustria e dall’Alleanza delle Cooperative.
Nel complesso gioco dei giudizi ad incastro nessuno però aveva valutato con attenzione la posizione del Pdl. È vero che sin dalle prime battute il portavoce Daniele Capezzone aveva cominciato a prendere le distanze dal decreto ma gli atti successivi sono stati più espliciti. I maliziosi possono arguirne che il centrodestra si sente già  ingaggiato in campagna elettorale per rimontare nei confronti del suo elettorato tradizionale (i Piccoli) che nell’ultima tornata li ha traditi. Come che sia, il Pdl ha garantito alle associazioni d’impresa il massimo di appoggio per modificare in Parlamento il decreto Grilli. «Così com’è il provvedimento ha i contorni di una beffa — ha dichiarato ancora Capezzone dopo l’incontro con la delegazione della Confindustria — promette ma non può mantenere. Siamo impegnati ad un’azione emendativa profondissima». Più chiari di così si muore.
Dal canto suo il Pd ha mostrato comprensione nei confronti dei rilievi avanzati da Rete Imprese Italia, anche se si è complessivamente tenuto su una linea più prudente rispetto al Pdl. Il Pd pensa di poter formare ancora un governo a sua guida e quindi sta più attento nel formulare promesse. Ma anche Giuliano Poletti, presidente della Lega Coop, ieri ha ribadito che le imprese si aspettano «procedure di erogazione certe, obbligatorie e veloci» e ha anche sostenuto la necessità  di poter compensare debiti e obblighi fiscali. Un punto comunque il Pd lo ha portato a casa con la designazione a relatore del decreto a Montecitorio di Giovanni Legnini, parlamentare apprezzato dai Piccoli.
Cosa accadrà , dunque, è difficile dirlo. Le imprese stanno limando le proposte con l’intento di non compromettere l’iter del decreto ma puntando a migliorarlo sensibilmente. Anche perché, secondo un calcolo della Cna, il testo «nasconde» un appesantimento degli oneri burocratici e amministrativi sulle imprese e i cittadini quantificabile in 10 miliardi di euro. Qualche timore c’è anche per il gran numero di delibere attuative (Il Sole 24 Ore ha parlato di ben 36), che interessano livelli diversi dell’amministrazione. Mettere in circolo i 40 miliardi stanziati non sarà  dunque una passeggiata e durante il percorso ci saranno stop, accelerazioni e inevitabili conflitti.
Dario Di Vico


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