I repubblicani all’attacco “Terrorismo e stranieri negli Usa Obama sta sbagliando tutto”
NEW YORK — «Il mondo intero lo ha visto, l’America si stringe attorno a Boston, l’America non si lascia terrorizzare. Tutte le forze del governo federale sono state dispiegate », dice Barack Obama mentre la caccia ai terroristi giunge al termine. Nella giornata decisiva per la caccia ai due terroristi, Barack Obama cancella tutti i suoi impegni. Si chiude nella Situation Room, la stanza delle crisi. Con lui ci sono il direttore dell’Fbi Robert Mueller, la massima responsabile dell’antiterrorismo Lisa Monaco, il ministro di Giustizia Eric Holder, il vicepresidente Joe Biden. Nonostante la rapidità eccezionale con cui sono stati raggiunti i terroristi, Obama è già sotto il fuoco di due polemiche incrociate. Da una parte un insolito asse tra Vladimir Putin e i repubblicani, lo accusa di non essere stato abbastanza vigilante contro il pericolo islamico. D’altra parte, la destra apre un fronte interno sulla riforma dell’immigrazione, additando il caso dei due terroristi ceceni che hanno goduto del diritto di asilo, poi rapidamente hanno ottenuto la Green Card (residenza permanente) e uno di loro perfino la cittadinanza americana. Per Obama si sta chiudendo una settimana drammatica. Il presidente può incassare al suo attivo la velocità con cui le forze dell’ordine hanno individuato i due sospetti, e uno di loro è rimasto ucciso. Erano passate solo 80 ore dall’attentato alla maratona di Boston, e uno dei due presunti autori era già caduto; l’altro braccato dalla polizia. Un tempismo notevole, con rari precedenti nella storia dell’antiterrorismo.
Ma nella giornata in cui l’identità di Tamerlan e Dzhokhar Tsarnaev è ormai nota, insieme con la loro origine cecena e la loro storia, quando cioè la “pista domestica” e la “matrice internazionale” di questo atto terroristico si fondono in un insolito ibrido, il presidente avverte il pericolo politico. Vladimir Putin è veloce a reagire da Mosca: «La Russia condanna tutti i terroristi, di qualsiasi nazionalità , tutti meritano lo stesso rigetto, non bisogna distinguere fra terroristi “nostri” e loro». Putin rievoca le vecchie accuse, prima dell’Urss e poi della Russia: l’America avrebbe flirtato con il fondamentalismo islamico quando le serviva come alleato e manovalanza contro Mosca (dai tempi dell’invasione sovietica in Afghanistan). Putin non tollera le frequenti “interferenze” di Obama contro gli abusi dei diritti umani in Russia. Ma il presidente americano stavolta non raccoglie la sfida, anzi in serata telefona a Putin: «Per ringraziarlo della cooperazione offerta dalla Russia nella lotta al terrorismo, ivi compreso dopo l’attentato di Boston». La polemica trova una sponda nella destra americana, come dimostra sul Washington Post l’editorialista neoconservatore Charles Krauthammer: «Se è confermato che qui si tratta di terrorismo islamico, Obama userà finalmente quella parola? La sua Amministrazione usa in modo ossessivo un linguaggio che estirpa ogni possibile nesso fra Islam e terrorismo ».
Su Obama l’altra offensiva coincide con la giornata stessa in cui parte al Senato l’iter della riforma sull’immigrazione. Un leader repubblicano è veloce a usare la tragedia di Boston. Charles Grassley, senatore della destra, tira in ballo proprio il disegno di legge voluto da Obama. Fa riferimento ai due ceceni accolti in America come rifugiati, poi regolarizzati con permessi di soggiorno e cittadinanza. «Alla luce degli eventi — dice Grassley — è importante capire buchi e lacune del nostro sistema di immigrazione. Lo status di immigrazione di questi individui che hanno terrorizzato le comunità del Massachusetts contribuirà a far luce sulle fragilità del nostro sistema. Come possiamo rafforzare i controlli sulle persone che entrano negli Stati Uniti?» Il senatore democratico Charles Schumer reagisce: «Abbiamo già rafforzato i controlli sull’asilo politico».
È stato Obama, intervenendo giovedì alla celebrazione religiosa in omaggio alle vittime di Boston, a elogiare la vocazione multietnica di quella città . Rievocando la sua storia personale (fu studente a Harvard), il presidente aveva detto: «Boston, ogni anno tu accogli studenti da tutto il mondo, gli dai il benvenuto nei tuoi ospedali, nei laboratori di ricerca, nelle tue sale di concerto, perché si scambino quelle idee che uniscono il mondo». La storia dei due fratelli Tsarnaev, un incrocio tra “terrorismo estero” e “domestico”, ricrea l’incubo che gli esperti descrivono come il terrorista “self-radicalized”. Cioè che si auto- indottrina adottando ideologie radicali e violente. Senza essere etero-diretto, né addestrato o manipolato da organizzazioni internazionali. È il terrorista più difficile da individuare, non c’è intelligence domestica o globale che possa intercettare un fenomeno che si svolge all’interno delle coscienze e nelle mura domestiche, che può germinare in questa o quella comunità etnica, trasportando via Internet nel cuore degli Stati Uniti conflitti lontanissimi. Il presidente più multietnico della storia, diventa lui stesso un bersaglio per chi vuole usare l’attentato di Boston contro la sua versione dell’American Dream. Obama risponde, con il suo discorso alla nazione: «Il nostro spirito rimane indomito, questa settimana abbiamo mostrato che rispondiamo al male con resistenza, determinazione, e senza paura. È in questo modo che Boston e l’America andranno avanti, uniti».
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