I consigli di Napolitano sui nomi pesanti in squadra

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Dà  dunque una mano importante ad Enrico Letta, anche se al Quirinale non piace che si parli di una sua «regia», perché ciò potrebbe essere equivocato alla stregua di un interventismo indebito. Entro oggi il vicesegretario del Pd dovrebbe sciogliere la riserva con la quale ha accettato il mandato e fino a tarda notte ha dovuto misurarsi con le ultime difficoltà  del negoziato, enfatizzate dalla solita rincorsa di veti, interdizioni e trabocchetti tra partiti. Ne ha parlato per più di due ore con il capo dello Stato, ieri mattina. Ricevendo qualche consiglio sui tre snodi cruciali di questa complicatissima partita: il programma, la composizione dell’esecutivo, la saldezza dell’alleanza chiamata a sorreggerlo.
Il presidente della Repubblica ha cercato di sdrammatizzare i contrasti, sapendo che sul bilanciamento dei ministeri è fisiologico litigare, e ha suggerito qualche indicazione di metodo. Avrebbe anzitutto spiegato (e il condizionale è d’obbligo, vista la riservatezza calata sul colloquio) che la chiave per vincere la scommessa è di costruire una squadra su un mix tra competenza, autorevolezza e rinnovamento. Meglio se con il supporto di un visibile ricambio generazionale e con una congrua presenza femminile. Detta così, la formula può apparire banale. Ma in realtà  entra nel cuore del problema, che riguarda la maggiore o minore caratura politica del governo e, parallelamente, l’eventuale ingresso di leader o senior dei partiti. E qui, alla semplice evocazione del nome di Massimo D’Alema in veste di futuribile ministro degli Esteri sarebbe scattato il risentito rialzo da parte del Pdl: in questo caso noi vogliamo per Brunetta, o addirittura per lo stesso Berlusconi, l’incarico di superministro dell’Economia. E’ solo l’esempio più eclatante, da estendere sulle candidature più importanti dell’esecutivo «di servizio», secondo la definizione che ne ha dato Letta.
Davanti al gioco per sbarrare la strada a chi è considerato più «impresentabile» o «indigeribile» ai due maggiori fronti, si è prodotto un nuovo e logorante stallo, ieri. Per superarlo e neutralizzare le tensioni (e l’ansia del giovane incaricato), Napolitano avrebbe suggerito un po’ di sano realismo politico. Ciò che, in questo caso, potrebbe tradursi con l’esclusione forzata — da chiedere «per carità  di patria», come si dice — di certi leader e senior di entrambi i fronti maggiori. Decisione non facile, anche perché c’è da assicurarsi che gli eventuali «sacrificati» non orientino poi per vendetta le loro truppe parlamentari verso un sabotaggio al momento del voto di fiducia.
Qualcuno ipotizza che, per glissare questi ostacoli nelle ultimissime mediazioni, il premier in pectore si possa riparare dietro lo scudo del Quirinale. Quasi a lasciar intendere che, a questo punto, potrebbe essere Napolitano stesso ad assegnare i dicasteri più delicati. Magari attraverso mediazioni condotte in prima persona, in maniera che il governo nascente, anche se privato di grandi nomi, non si riveli comunque una creatura di piccolo cabotaggio e quindi di corto orizzonte. Ovviamente non è così. Non può essere, almeno stando alle prassi consolidate, per le quali, una volta conferito l’incarico, il capo dello Stato «non può interferire nelle decisioni dell’incaricato, nè può revocargli il mandato per motivi squisitamente politici».
Se perdesse la pazienza potrebbe invece — stando a certi boatos che si sono rincorsi in Parlamento — decidere di «vedere le carte» dei futuri alleati-competitori. Cioè, se la prova di forza si incanaglisse, inviare comunque dinanzi alle Camere il premier con i ministri che avrà  opzionato anche senza un accordo messo a verbale. In modo che tutti si prendano pubblicamente le proprie responsabilità , consapevoli che «non ci sono alternative al successo», come il presidente ha ammonito. Per capirci: l’alternativa sarebbe la fine immediata della legislatura e il ritorno al voto, con un Enrico Letta sfiduciato ma a Palazzo Chigi.
Uno scenario estremo e quasi inverosimile, dopo che nella notte sono giunti parecchi segnali di distensione dai negoziatori di Pd e Pdl, con il sostegno di Scelta Civica. Per oggi, purché qualcuno non rinfocoli i contrasti e azzeri le intese raggiunte, il Quirinale si aspetta la comunicazione formale che gli ostacoli sono superati e la riserva sciolta. E già  entro sera il nuovo esecutivo potrebbe giurare nelle mani del capo dello Stato.
Marzio Breda


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