Hollande a lezione di Storia «Rischia la fine di Luigi XVI»

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PARIGI — De Gaulle era il re Sole, Pompidou cui toccò succedergli non poteva che essere il reggente Filippo d’Orléans, Giscard d’Estaing rivendicava la discendenza da Luigi XV mentre Sarkozy fu chiaramente un piccolo Napoleone. Ogni «monarca repubblicano» francese è stato accostato a un personaggio storico ma è a Franà§ois Hollande che tocca il fantasma più fastidioso: l’attuale presidente della Repubblica, uomo normale in tempi straordinari, è Luigi XVI. Il re che finì sotto la ghigliottina.
Il paragone con l’ultimo dei sovrani di Francia, rilanciato ieri da Dominique Moà¯si sul Financial Times, perseguita Hollande da quando era ancora un candidato, oltre un anno fa, e l’economista Alain Fabre già  giudicava la sua politica fiscale — punitiva per i ricchi ma fondamentalmente inutile — come una forma di resa di fronte alla necessità  di cambiare il Paese in profondità : «Luigi XVI aveva capito che la Francia stava crollando dal punto di vista finanziario, ma non riuscì a far nulla per cambiare il corso degli eventi». Anzi, pagò l’immobilismo con la morte sua e di una monarchia millenaria.
Il popolo finì col tagliare la testa proprio a colui che dichiarava, con un certo grado di sincerità  «Voglio la felicità  dei francesi». Ieri un Hollande sempre più indebolito dallo scandalo Cahuzac ha annunciato nuove misure di moralizzazione della vita pubblica: la creazione di una procura nazionale contro la corruzione, il controllo dei patrimoni di ministri e parlamentari, e ha promesso di «sradicare i paradisi fiscali in Europa e nel mondo» (vasto programma). Pure Luigi XVI a un certo punto del suo regno si inimicò le élites cercando di portare a termine qualche riforma in senso egalitario, ma il risultato fu che lo odiarono entrambi, le élites e il popolo.
Oggi a puntare l’indice contro Hollande proclamandosi difensore degli esclusi c’è Jean-Luc Mélenchon, il Robespierre che nel 2008 lasciò il partito socialista francese perché non ne sopportava più la «deriva socialdemocratica». Mélenchon ha organizzato per il 5 maggio, primo anniversario della nuova presidenza all’Eliseo, una grande manifestazione di protesta «per spazzare via» gli scandali e pure la V Repubblica. «Quando i socialisti francesi mi trattano da extraterrestre, quando dicono che sono fuori dalla realtà , mostrano tutto il loro smarrimento», diceva già  nel dicembre scorso Mélenchon, prima di concludere «Franà§ois Hollande è cieco quanto Luigi XVI: non è in grado di immaginare un altro mondo».
Sono passati alcuni mesi, la disoccupazione è aumentata e la crescita diminuita fino a toccare quota zero, Hollande appare ondivago: cerca di mostrarsi in sintonia con i suoi elettori, ma poi si scopre che l’ex tesoriere della sua campagna, Jean-Jacques Augier, compagno di scuola all’Ena (la fabbrica delle élites), fa affari alle isole Cayman. Il lugubre paragone Hollande-Luigi XVI viene così ripreso dal politologo francese Dominique Moà¯si, pure non ostile a priori a Hollande e alla sinistra.
L’Ancien régime crollò quando i privilegi dell’aristocrazia non erano più giustificati dai servizi resi in cambio alla società . E Hollande, con i suoi amici dell’Ena promossi ai vertici dello Stato, «potrebbe diventare vittima di una rivolta contro le élites moderne». Il presidente non riesce a ristabilire la dignità  delle istituzioni come vorrebbe, anzi: «incoraggia un clima di aspettative negative e di sospetto nei confronti dell’efficienza dello Stato».
Luigi XVI era un uomo onesto «ma non capì quanto il suo popolo era scontento — sostiene Moà¯si —. Hollande dovrebbe imparare la lezione e stare attento a questo destino». Non aiuta che Valérie Trierweiler, la sua compagna, abbia già  fatto ricorso all’autoironia per definirsi reclusa nel Palazzo, «come Maria Antonietta».


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