Grillo: bastonate contro l’inciucio

by Sergio Segio | 6 Aprile 2013 6:35

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ROMA — La gita comincia con una carovana di tre autobus che da piazzale Flaminio imboccano tre direzioni diverse, non è chiaro se per depistare i cronisti o per semplice imperizia topografica degli autisti. Francesco D’Uva, giovane deputato messinese, resta a piedi in autogrill e rischia di perdere anche il terzo autobus: «Ma il nostro slogan — scherza — non era “nessuno deve rimanere indietro”?». Risultato del percorso rocambolesco: un paio d’ore di viaggio per consumare una trentina di chilometri scarsi. Ma alla fine, il centinaio di parlamentari a 5 Stelle raggiunge la meta segretata fino all’ultimo, un bel casale di Tragliata (Fiumicino), con il ristorante La Quiete. Ad attenderli, in camicia a quadrettoni azzurri, c’è un signore già  noto come comico, diventato negli ultimi mesi l’uomo che ha scosso dalle fondamenta la politica italiana. Beppe Grillo, un po’ padre e un po’ padrone, raduna i suoi, per conoscerli meglio. Ma anche per tirare le fila di un Movimento che rischia di deragliare per eccesso di velocità  o perlomeno di perdere qualche vagone. Le critiche aperte di Alessandra Bencini, Tommaso Currò e Walter Rizzetto (e un’area di dissidenti che si aggira sui 9-10 parlamentari) sono un monito da non sottovalutare. Per questo, Grillo assume su di sé l’onere e l’onore di esibire la linea, chiedendo condivisione e rivendicando compattezza, con una frase a metà  tra sentenza e auspicio: «Noi non ci dividiamo».
L’incontro è a porte chiuse. Niente streaming: «Non lo facciamo — dice Roberta Lombardi — negli incontri conviviali o quando si decide la linea politica». Solita caccia ai cronisti che cercano di capire di che si parla, con polizia di rinforzo. E come sempre il segreto viene violato. Non tanto per il menù del pranzo (paccheri, guanciale di Norcia e porcini), quanto per le parole di Grillo. Si comincia a fare due chiacchiere ai tavoli. Poi la brigata si sposta in un’altra sala, per il dibattito. In realtà  parlerà  solo lui, con quattro o cinque interventi (tra gli altri Giulia Sarti e il questore Laura Bottici). Grillo ripete le basi: «No alla fiducia a un altro governo. Non collaboriamo con nessuno, non esiste». La direzione è giusta: «State andando bene, forse perderemo qualche voto, ma non importa, va bene così». L’attività  parlamentare: «Entro due settimane sarà  pronta la piattaforma per condividere le proposte di legge». Si comincerà  da conflitto d’interessi e ineleggibilità . Le alleanze: «Non si discute neanche con la Rete la linea della non collaborazione con il Pd: altrimenti votavano un altro partito». E la Sicilia? «Basta enfatizzare quel modello, siamo noi a fare le cose non Crocetta». Le commissioni: «Se non partono, dovete essere durissimi». Due le alternative discusse tra Grillo e i suoi: occupazione di Camera e Senato (in realtà  prolungamento del lavoro di qualche ora) oppure manifestazione di piazza. Il Quirinale: «Dobbiamo arrivare calmi e sereni all’elezione del presidente della Repubblica, che sarà  molto diverso da questo». Sul governo, ancora niente: «Non faremo nomi, il nome è il Movimento». E se fanno il governissimo Pd-Pdl? «La gente è stufa, prenderà  i bastoni». Anche lui è stufo: «Abbiamo a che fare con gente incredibile, fanno dossier di tutti i tipi». Qualche «consiglio» precauzionale ai «ragazzi»: «Non pubblicate sui social network cose della vita privata». E l’annuncio di una visita in Friuli, per le Regionali.
All’uscita Grillo è allegro. Scherza su Vito Crimi: «Non ha macchiato la tovaglia». Annuncia che incontrerà  i parlamentari «ogni mese» e ricicla una battuta dei suoi, che la ripetevano dalla mattina: «Abbiamo il listino prezzi per i grillini in vendita». Allusione sarcastica ai giornalisti, che non sono esattamente nel cuore di Grillo. Figuriamoci in quello di Crimi, stremato da domande e critiche sulle sue continue rettifiche. Non a caso il capogruppo al Senato prima rilancia il mito della democrazia senza filtri: «Seguiteci direttamente in Rete, sui media c’è solo gossip». E poi annuncia, non senza soddisfazione: «Tra le prime proposte di legge ci saranno l’abolizione dell’ordine dei giornalisti e l’abolizione dei finanziamenti pubblici ai giornali». Appuntamento tra un mese.

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