Famiglia suicida per la crisi dopo una cartella esattoriale

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CIVITANOVA MARCHE (Macerata) — «Fino a due anni fa queste persone rappresentavano il ceto medio cittadino, capisce? Ecco dove ci ha portato la crisi, lo Stato deve riflettere…». Le parole di Ivo Costamagna, presidente del consiglio comunale di Civitanova, si perdono soffocate dalla commozione. Costamagna era il vicino di casa di Romeo Dionisi, Annamaria Sopranzi e Giuseppe Sopranzi. Romeo e Annamaria, marito e moglie, 62 e 68 anni, si sono impiccati giovedì notte ai tubi del riscaldamento condominiale che corrono in cantina. Giuseppe, 73 anni, il fratello di Annamaria, che viveva con loro, quando ha scoperto il fatto, verso le 9, si è lasciato annegare in mare per la disperazione, dopo un tuffo dal molo sud.
Romeo e Annamaria hanno lasciato giù in cortile un biglietto sul parabrezza della Seat Ibiza della loro amica Francesca De Angelis: «Perdonateci per il gesto, avvisate Giovanna, questo è il numero di telefono…». Giovanna Dionisi, la sorella di Romeo, vive a Porto Recanati. Ieri mattina l’hanno chiamata i carabinieri. La coppia non ce la faceva più ad andare avanti, ma aveva conservato dignità  e orgoglio e non aveva voluto chiedere aiuto a nessuno, né ai familiari né ai servizi sociali né tantomeno alla parrocchia di San Pietro, dove oggi si celebreranno i funerali: il debito vissuto come un disonore, la crisi come una colpa, «abbiamo sbagliato, abbiamo sbagliato», continuava a ripetere negli ultimi giorni Annamaria.
Romeo era un muratore provetto ma quattro anni fa per lui era iniziato il calvario: aveva perso il lavoro da dipendente di una ditta edile, così aveva deciso di aprire una partita Iva, di mettersi in proprio, continuando a pagarsi i contributi da solo per arrivare alla sudata pensione. Ma, dopo la riforma Fornero, Romeo si era visto spostare la linea del traguardo a 67 anni e i 700 euro al mese da versare all’Inps diventavano via via un incubo mostruoso. Del resto, non poteva fare altrimenti se voleva vedersi riconosciuto il fatidico Durc, l’altro spettro che non lo faceva più dormire, il documento unico di regolarità  contributiva, un certificato che consente all’impresa di lavorare alla luce del sole. Se non hai il Durc, l’unica strada percorribile diventa il lavoro nero.
Così Romeo aveva acceso due mutui, presso una banca e una finanziaria, per un totale di 15 mila euro. Ma lavorando in nero e con ditte sempre più spregiudicate non riceveva più paghe ormai da 10 mesi e la situazione era precipitata: «Ho diecimila euro di lavori non pagati, alla vigilia di Pasqua il principale è fuggito a Napoli». L’anziano muratore, perciò, era finito in una spirale senza uscita, «stretto nella tenaglia tra Stato e burocrazia», accusa ora il presidente Costamagna, un vortice che infine l’ha ammazzato. La pensione sociale della moglie e quella del cognato, ex capofabbrica in un calzaturificio della zona, non bastavano a coprire tutte le spese. E pochi giorni fa è arrivata la mazzata definitiva: una cartella esattoriale di Equitalia che minacciava le ganasce alla povera vecchia loro Fiat Panda blu parcheggiata in cortile. A quel punto i coniugi Dionisi si son visti perduti, l’equilibrio si è rotto. Anche l’automobile pignorata! L’onta della rovina economica dev’essere sembrata insuperabile, a questa famiglia tanto laboriosa, onesta, rispettosa del valore del denaro, con le banconote di tutto il mondo incorniciate e appese lungo le pareti di casa. «Erano persone buone, dolci», li ricorda Fabrizio Ciarapica, consigliere comunale dell’opposizione di centrodestra, «Romeo e Anna vennero al mio matrimonio, ho ancora a casa il servizio da caffè che mi fecero per regalo». Oggi a Civitanova è lutto cittadino: «Ci preoccupa enormemente questa gente che si nasconde, sparisce, piuttosto che chiedere aiuto», sospira il sindaco Tommaso Claudio Corvatta davanti al cancello di via Calatafimi. Sono le vittime italiane della crisi. Un dolore che scorre carsico, invisibile e poi si manifesta in questi modi.


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