Ecco le proposte dei saggi Napolitano: ora tocca ai politici

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ROMA — È l’ultimo atto del settennato di Giorgio Napolitano che ora — con le relazioni dei due gruppi dei saggi dedicate alle priorità  dell’emergenza economica e sociale e a una nuova architettura dello Stato — si prepara a consegnare il suo contributo al prossimo inquilino del Quirinale: «Adesso le parole e le decisioni toccano alle forze politiche e starà  al mio successore trarne le conclusioni». E il clima di confronto costruttivo che si è percepito intorno ai due tavoli di lavoro è, a parere del capo dello Stato, il miglior viatico affinché «analoghi sforzi di buona volontà  di intesa» contagino anche il Parlamento.
Si chiude così la breve stagione dei 10 saggi chiamati il 30 marzo scorso da Napolitano che in poco più di 10 giorni sono riusciti a dare un ordine — nell’ambito dell’emergenza economica e della crisi del sistema istituzionale — ai «livelli di convergenza e ai punti di divergenza», al fine di «facilitare un ampio consenso tra le forze politiche presenti in Parlamento».
Sul versante della crisi economica, il quadro è drammatico. Tanto da indurre i saggi a «sottolineare l’urgenza di rifinanziare entro il mese di giugno il meccanismo degli ammortizzatori sociali in deroga per il secondo semestre del 2013 (circa un miliardo di euro)». Ma nel dossier consegnato a Napolitano c’è anche un forte richiamo alla necessità  di favorire la crescita riducendo il carico fiscale su imprese e famiglie. Nel delicato bilanciamento delle entrate e nelle uscite di cassa, Giovanni Pitruzzella (Antitrust) ha insistito sul fatto che «va seriamente considerata la necessità  di una revisione dell’Imu con riferimento alla prima casa». Tuttavia, ci vuole anche più concorrenza nei settori del gas e dei farmaci, meno vincoli per le imprese che vogliono assumere a tempo indeterminato e, soprattutto, una cura per quegli strati della società  che stanno scivolando verso la povertà .
Il secondo gruppo di saggi ha concordato sulla proposta (la paternità  era di Bersani che l’aveva offerta a Berlusconi nei giorni del preincarico dopo averla messa a punto con Luciano Violante) di affidare il compito di istruire la grande riforma costituzionale a una commissione mista, composta da parlamentari e non parlamentari, che potrebbe iniziare il suo lavoro in tempi brevi. Il passo più sorprendente compiuto da saggi è forse quello che riguarda le convergenze sulla giustizia, campo nel quale ci sono da registrare soltanto due dissenting opinion: l’ex presidente della Consulta, Valerio Onida, ha fatto mettere a verbale che bisognerebbe incidere con più determinazione sui tempi brevi della prescrizione che manda in fumo moltissimi processi. E poi c’è il distinguo sulla necessità  di introdurre la responsabilità  civile diretta per i magistrati proposta invece da Gaetano Quagliariello (Pdl), che comunque è molto soddisfatto per il documento prodotto in materia di giustizia. Nulla di fatto, invece, su anticorruzione, da migliorare, e sul conflitto di interessi, anche se su questi punti si respira aria di disarmo bilaterale.
Sulla legge elettorale, i saggi si sono occupati di uno scenario a medio-lungo termine: riforma costituzionale della forma di governo e del bicameralismo perfetto e successiva scelta sulle regole per il voto. Poco o nulla sul Porcellum, che invece è stato oggetto ieri di un’osservazione da parte del presidente della Corte costituzionale. Per il giudice Franco Gallo, l’attuale sistema elettorale è per alcuni aspetti, come il premio di maggioranza senza soglia, sospettato di incostituzionalità : «Sulla legge elettorale futura non posso dire nulla, noi annulliamo le leggi in certi casi ma il compito legislativo spetta alle Camere».
Il Pdl, che inizialmente remava contro, è soddisfatto del lavoro dei saggi: «Collaborare è possibile», ha detto Angelino Alfano. Matteo Renzi (Pd) non è entusiasta: «La politica non può cavarsela con due commissioni ma la colpa non è di Napolitano». Elena Fattori dell’M5S spara a zero: «Dieci passanti avrebbero dato le stesse risposte». Mentre il saggio Enrico Giovannini (Istat) sintetizza così l’esperienza: «Ho dormito 4 ore a notte e nessuno è stato pagato, ora il ricavo di questo lavoro dipende da altri».


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