E tra i candidati spunta De Rita
SI INCONTRANO nell’ufficio del presidente della commissione Trasporti (che ancora manca del titolare), ai due lati di un grande tavolo rettangolare. Accanto a loro soltanto Enrico Letta e Angelino Alfano. Solo un rifornimento di bottigliette d’acqua li tradisce all’esterno.
Se in teoria è soltanto il Colle l’oggetto dell’incontro, il Cavaliere comunque ci prova. Vuole allargare subito la trattativa al governo, far sì che le due partite si fondano in una. «C’è un paese che sta morendo — attacca Berlusconi —, qua sta andando tutto a rotoli, le televisioni ormai la pubblicità la regalano, il debito pubblico esplode: dovete capire che serve uno scatto di reni, un’assunzione comune di responsabilità per formare un governo forte e autorevole. Smettetela di correre dietro a quei pazzi che vi insultano ». Un governo con ministri del Pd, del Pdl e di Scelta Civica, un esecutivo di larghe intese. «Alt, fermiamoci un momento», Bersani non gli fa nemmeno terminare il discorso. «Non siamo qui per parlare del governo, c’è prima un presidente della Repubblica da eleggere. Sarà il nuovo capo dello Stato ad occuparsene, lasciamogli qualcosa da fare pure a lui no?». La battuta ci sta e Berlusconi accetta di tornare al punto. «Quando l’ho fermato — racconterà più tardi ai suoi il segretario — non ho trovato resistenze. Mi ha quasi stupito».
Dunque «il metodo». Bersani e Letta insistono soprattutto su questo. È il «metodo» della condivisione e ruota attorno a un cardine: sarà il centrosinistra ad offrire una rosa di personalità , con parità di genere, al Pdl e agli altri partiti. Dentro quella rosa si sceglie, comunque «insieme». Non si parla di nomi, almeno non in maniera esplicita. Nemmeno in quel quarto d’ora finale quando Berlusconi e Bersani chiedono ai “numeri due” di uscire e restano da soli nella stanza. Anche perché nel Pd temono che l’ex premier sia un po’ troppo chiacchierone e vada a bruciare i candidati veri rendendoli pubblici. Tanto più che tutti sospettano che la vera carta del leader del Pdl sia il voto anticipato a fine giugno.
Nel vertice Bersani e Letta si limitano quindi a parlare di caratteristiche, tracciando di fatto un identikit. Il nuovo capo dello Stato dovrà avere «un’alta professionalità », e soprattutto «un’alta tenuta politica», nel senso che dovrà essere in grado di «gestire per sette anni una fase difficilissima per l’Italia». Ma bisognerà anche esprimere un certo grado di «novità », come è stato fatto con i presidenti delle Camere.
Berlusconi, forse per la prima volta, accetta di separare i due tavoli — Quirinale e governo — che fino a ieri pretendeva fossero uniti. E per il Pd già questo è un buon risultato. Quanto al «metodo», il Cavaliere non dice di no, resta sul vago: «Proveremo a verificare se quella che ci avete proposto è una strada percorribile». L’idea di un presidente della Repubblica che conosca la difficile arte della politica gli appare in fondo come una garanzia. In linea teorica il criterio della «novità », avanzato ieri dal Pd, escluderebbe tanti candidati
che hanno ballato finora, anche se alla fine si ricade sempre su quelle figure: Giuliano Amato, Franco Marini, Romano Prodi, Massimo D’Alema, Emma Bonino, Piero Grasso. Un outsider sarebbe Giuseppe De Rita, il presidente del Censis, mentre perde quota il Guardasigilli Paola Severino. Anche se a Montecitorio ormai circola con insistenza uno scenario sorprendente: ci sarebbe persino il nome di Bersani nella rosa del Pd per il Quirinale.
Esaurito il discorso sul «metodo » e stoppato il tentativo di Berlusconi di affrontare il nodo del governo di larghe intese, in fondo l’incontro potrebbe chiudersi lì. Ma quando si trovano faccia a faccia due nemici storici, è inevitabile che ci sia spazio anche per le battute, allora il colore diventa sostanza. Alfano racconterà ai dirigenti del Pdl che «alla fine il rapporto personale si è rafforzato». Un Berlusconi talmente avvolgente che nel Pd circolava ieri sera una battuta: «Altri due colloqui così e Berlusconi ci invita tutti nella sala del bunga-bunga». In effetti il Cavaliere le prova tutte. Parla del Milan, per conquistare il rossonero Letta, ma anche della “fidanzatina» Francesca Pascale: «È giovane, è bella, è solare. Mi ha fatto cambiare vita».
Berlusconi fa Berlusconi. All’uscita saluta e ringrazia i commessi, «a cominciare dalle ragazze ». Poi incontra in un corridoio un’addetta alle pulizie che spinge il suo carrello pieno di bidoni e di scope. Le chiede il nome e le stringe la mano. «È già in campagna elettorale», sorride chi osserva la scenetta.
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