E Silvio si rivolse a Napolitano «Si ricandidi o ci aiuti a risolvere»
Dopo l’ennesimo disastro, ora i partiti cercano una via d’uscita. Silvio Berlusconi ha creduto di poterla trovare ancora una volta nel capo dello Stato in carica, Giorgio Napolitano: «Si faccia ricandidare», gli ha chiesto. Ma il presidente ha nuovamente rifiutato. E il leader pdl ha rilanciato: «Allora ci aiuti a trovare una soluzione, non sappiamo più con chi parlare nel Pd». Sull’altro fronte, nonostante lo choc in cui tutto il partito versa, si è deciso per la scheda bianca stamane alla quinta votazione. Poi, però, qualche idea si dovrà trovare. E se il Pdl è ancora pronto a votare un nome condiviso rispuntano le carte Amato e Cancellieri.
Quella del Cavaliere non è stata una richiesta, ma un accorato appello al capo dello Stato: «Non sappiamo più con chi parlare nel Pd. Non posso fare sei riunioni con sei persone diverse, le chiedo di fare per quanto possibile da mediatore con tutti questi interlocutori». Il crollo dei Democratici consegna di rimbalzo il gioco del Quirinale nelle mani di Berlusconi.
Ma c’è un motivo se invece di esultare il leader del Pdl si fa prudente, se si appella a Napolitano come estremo negoziatore per trovare una soluzione alla crisi provocata da quello che è stato il suo partito. La faida nel centrosinistra che per quindici anni ha visto come protagonisti Prodi, D’Alema e Marini, in due giorni è stata consumata sul terreno delle istituzioni, fino al punto quasi di annientarle. Dinnanzi a un simile spettacolo, nemmeno Berlusconi può esultare, infatti non lo fa, consapevole che le macerie potrebbero travolgerlo.
Dopo la disfatta di Prodi — a cui ha assistito da spettatore — il capo del centrodestra ha chiaro che un Pd, ormai senza più guida, si trova davanti a un bivio nella corsa per il Colle: accucciarsi sulle ginocchia di Grillo, votando Rodotà , o tornare a trattare per una soluzione condivisa. La scelta avrebbe implicazioni non solo politiche ma di sistema, un’onda d’urto che colpirebbe anche il Cavaliere, convinto comunque che — in un caso o nell’altro — i Democratici sarebbero destinati a spaccarsi.
Ecco perché si è rivolto a Napolitano, l’arbitro a cui — in una condizione di estrema emergenza — viene di fatto chiesto di giocare, di esercitare un ruolo, di trovare un successore a se stesso che sia poi votato da un Parlamento ridotto a enclave bosniaca dal Pd. È una navigazione terribile, ai confini ed oltre le colonne d’Ercole della Costituzione, una rotta segnata in un mare ignoto: si partirebbe con la convocazione dei gruppi che hanno collaborato con i loro «saggi» alla stesura dei documenti sulle riforme economiche e istituzionali, così da precostituire un percorso condiviso. E da lì arrivare all’individuazione di una personalità da eleggere alla presidenza della Repubblica.
È una zattera a cui aggrapparsi, «e dove non ci sarà posto per i deboli di cuore», diceva Casini ieri pomeriggio prevedendo il fallimento della candidatura di Prodi. Un’impresa improba per lo stesso Napolitano, aggravata dal fatto che — come racconta il centrista Dellai — «tocca a noi di Scelta civica fare da mediatori tra Pd e Pdl, visto che i due partiti non si parlano più direttamente». Inseguiti per strada e sul web, i Democratici sono terrorizzati dalle reazioni della base del partito, che trasforma persino una foto d’Aula tra Bersani e Alfano in «inciucio».
Visto il clima, Berlusconi ha chiesto il soccorso di Napolitano. Non ci sono più rose da sfogliare, candidati da votare, suggerimenti da dare: «Anche perché — dice il Cavaliere — qualsiasi nome noi facessimo, verrebbe sotterrato a scrutinio segreto». Semplicemente il Pd non regge più niente: non reggerebbe l’indicazione per D’Alema — che insieme ad altri ha lasciato le impronte nell’agguato a Prodi — figurarsi quella per Amato. I centristi stanno cercando di aprire un varco nel Pd per la Cancellieri, sebbene Berlusconi sia scettico: «Ci vuole un presidente della Repubblica capace di gestire una situazione così complessa».
Non era mai accaduto che l’opposizione riuscisse ad espugnare la gestione della trattativa per il Colle. Le ragioni sono evidenti, e l’ex segretario della Cgil Epifani le riassume in una sorta di epitaffio per il Pd: «Siamo diventati inaffidabili per Scelta civica, siamo diventati inaffidabili per M5S, siamo diventati inaffidabili per il Pdl. Siamo diventati inaffidabili per noi stessi»…
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