E Napolitano telefona al Cavaliere

by Sergio Segio | 26 Aprile 2013 7:11

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IL PREMIER incaricato ha infatti appena capito quello che fino alla mattina ancora non dava affatto per scontato. Cioè che il governo di larghe intese partirà . «Siamo più vicini al traguardo», confida agli amici prima di tornare a casa. Decisivo, raccontano, è stato ancora una volta l’intervento di Giorgio Napolitano. Che ha svegliato il leader del Pdl, dall’altra parte dell’Atlantico, per una telefonata dai toni poco diplomatici. Era preoccupato il capo dello Stato per l’aggressività  che stava crescendo nel Pdl in sua assenza. Voleva vederci chiaro. Capire se si trattava di un gioco al rialzo del Cavaliere, parte della trattativa, oppure se qualcuno stava provando davvero a far saltare tutto. E visto che, dall’altra parte, Berlusconi si affannava a ripetere di non aver cambiato idea e che il governo sarebbe dovuto partire, Napolitano ha concluso con un perentorio: «Allora spiegalo ai tuoi». E così è andata. Berlusconi ha tenuto ad assicurare personalmente il premier incaricato di non aver fatto nulla per sabotare il suo tentativo. «È stata una telefonata di incoraggiamento durata 30 secondi», ha riferito Letta.
D’altronde anche i falchi nel Pdl hanno ormai compreso che il governo avrà  la fiducia.
La inusuale presenza di Denis Verdini nella delegazione del Pdl serviva proprio per lanciare un messaggio all’ala dura, quella determinata a porre condizioni tali da far fallire l’operazione. Invece, dietro la porta chiusa della sala del Cavaliere, i quattro del Pdl hanno trovato nel vicesegretario del Pd un interlocutore aperto e disponibile. Su tutto. Persino sull’ipotesi di restituire l’Imu Letta non ha detto di no: «Dobbiamo lavorarci ancora, così le coperture mi sembrano un po’ deboli. Ma parliamone, l’Imu
è anche una mia priorità ». Il problema, ha fatto presente il futuro premier, è che dovremo attendere la nomina del ministro dell’Economia per verificare le cifre e le compatibilità  di bilancio.
Il problema vero, quello che ancora non è stato risolto, non riguarda però il programma bensì la composizione dell’esecutivo. Letta infatti punta a depoliticizzare il più possibile la squadra, verso un ideale 50+50 di giovani politici ed esperti. Parlando ai
5Stelle fa riferimento a «persone competenti, non che abbiano 40 anni di carriera alle spalle. Questo perché, la mattina dopo, molti di quei ministeri avranno picchetti di persone che hanno perso lavoro e non si potranno fare mesi di pratica». E tuttavia il Pdl ancora insiste su una formula di governo diversa, con nomi pesanti, per un governo «ultrapolitico»: dal segretario del Pdl ai capigruppo Brunetta e Schifani. Il ragionamento di Alfano a Letta tira in ballo le presidenze delle Camere: «Voi avete già  piazzato Boldrini e Grasso, sul governo pretendiamo
un riequilibrio. Sarebbe corretto se avessimo noi più ministri del Pd». Una richiesta inaccettabile per Letta. Disposto a indicare Alfano, Lupi e due ministre donne del Pdl, magari Bernini e Lorenzin. Ma niente di più. Il bilancino prevede al momento 4 ministri del Pd (più il premier), 4 del Pdl e 2 di Scelta civica. Ci saranno infatti, almeno nel disegno di Letta, anche delle «personalità  sfidanti», cinque o sei esperti che diano il segno di un’apertura alla società  civile. Gli altri saranno politici della generazione anni Sessanta-Settanta. Quanto alla postazione più problematica, quella di via Arenula, il criterio sarà  la neutralità . «Non possiamo mettere le dita negli occhi a Berlusconi – spiega un democratico che sta seguendo la trattativa – ma nemmeno nominare un Guardasigilli che dia l’impressione ai nostri di voler dare un salvacondotto al Cavaliere». Un nome giusto, su cui si sta riflettendo, è quello del vicepresidente del Csm Michele Vietti. Un moderato, che ha sempre difeso i magistrati ma senza mai attaccare personalmente il leader del Pdl.
Il piano comunque è inclinato. Letta si prenderà  la giornata odierna per mettere a punto un programma e sondare ancora una volta il Pdl, in attesa di un colloquio definitivo con il Cavaliere in persona di ritorno dagli States. Soltanto domenica salirà  al Quirinale per sciogliere la riserva e presentare la lista dei ministri, che giureranno nel pomeriggio con una cerimonia lampo. E lunedì spazio al voto di fiducia alla Camera.
Se poi qualcosa dovesse andare storto, nel Pd stanno ragionando anche su un piano B. «Perché con Berlusconi non ci si può mai fidare». Napolitano manderebbe infatti Letta davanti alle Camere in ogni caso e, a quel punto, non è detto che il Pdl reggerebbe unito di fronte all’ipotesi di un voto anticipato. Insomma, basterebbe una mini-scissione di pochi senatori del Pdl per consentire al governo Letta di prendere comunque il largo. In alternativa sarebbe il governo a guida Pd a portare il paese alle urne, con tutti i vantaggi del caso.
Nel supporto del M5S nessuno infatti spera più. L’incontro di ieri con Crimi e Lombardi è servito a Letta per vendicare l’umiliazione di Bersani. In diretta streaming il premier incaricato gioca con i grillini al gatto con il topo e ne approfitta per elencare le sue priorità : l’uscita dalla crisi economica, la riforma della politica e una nuova Europa. «Sarebbe frustrante per la voglia di cambiamento che il vostro mondo ha espresso, se la vostra indisponibilità  a mescolarvi finisse per continuare a mantenere questa incomunicabilità ». Grillo gli risponde dal blog in serata: «Con questi non ci mescoleremo mai».

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