Debiti PA e imprese: come siamo finiti in questo Stato?
Dallo stallo politico non si esce, con l’aggravante dell’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica, mentre quello uscente assiste impotente alla peggiore fine settenato che potesse capitargli. I partiti non si accordano sul governo, sulle commissioni, su niente, e la nazione in parte stupita e in parte disinteressata viaggia spedita verso un tracollo economico-finanziario dal quale uscire sembra impossibile.
I dati Istat parlano di 4218 imprese obbligate a chiudere i battenti da gennaio a marzo di quest’anno, nuovo record negativo, con ben un ulteriore milione di posti di lavoro persi negli ultimi dodici mesi.
“il governo tecnico in carica per gli affari correnti” ha dovuto – nell’ultima settimana in cui il nuovo parlamento era intento a discutere su un governo nuovo che ancora non c’è e chissà se mai ci sarà – affrontare l’ennesima emergenza, riguardante i debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese fornitrici.
La bagarre è cominciata lunedì primo aprile quando si è aperto un balletto di cifre sconfortante sulla quantificazione dei debiti, che ha ricordato molto da vicino i metodi approssimativi usati per il conteggio degli esodati avvenuto un anno fa. E mentre il ministro dell’economia ammetteva candidamente di non conoscere l’importo esatto del debito, che aggiungeva, “dovrebbe aggirarsi intorno ai 91 miliardi” portavoce governativi ipotizzavano “manovre immediate” (ironia!) con cifre oscillanti tra i 30 e i 50 miliardi, di seguito incalzati dalle piccole e medie imprese inferocite e da referenti come la Cgia di Mestre che per tutti si impegnava a spiegare che “il conteggio del Governo non considera i crediti vantati dalle PMI, ovvero dalle aziende che soffrono maggiormente il peso dei mancati pagamenti”. Sempre secondo la Cgia le stime presentate alla Camera erano riferite ad una ad una indagine incompleta della Banca d’Italia effettuata solo sulle imprese aventi più di 20 impiegati. In realtà il debito dello Stato oscillerebbe tra i 120 e i 130 miliardi effettivi.
Con queste premesse un arresto in corsa è apparso inevitabile, e tra mercoledì 2 e giovedì 3 il governo si è definito impegnato in ulteriori consultazioni per approntare al meglio un decreto efficace.
A questo punto la tensione ha raggiunto il limite, ben rappresentato dalla dichiarazione del presidente di Confindustria Emilia, Maurizio Marchesini “noi chiudiamo, mentre voi discutete il prezzo del Caffè alla buvette” divenuto il titolo anche del Corriere della Sera, ad aprire un intervento nel quale l’industriale sacrosantemente si lamentava del disarmante immobilismo della politica.
A breve giro di posta, ecco quindi riemergere Mario Monti, il quale, con un piglio da puntuale ragioniere si affrettava a specificare: “La quota di debiti della PA non ceduta alle banche era già 61 miliardi di euro, salito a 74, a fine 2010 e a 80 miliardi a fine 2011. I debiti accumulati finora dalle pubbliche amministrazioni hanno scaricato gli oneri sul futuro delle imprese e dei cittadini”. E quindi?
Eccoci all’epilogo dell’otto aprile con la firma del Presidente Napolitano del dl definitivo, il quale prevede pagamenti per 40 miliardi in due anni. Quel che si diceva all’inizio, insomma, scontentando industriali e lavoratori dipendenti, sempre più spaventati per il futuro delle loro imprese e dei loro figli.
Il decreto recante “disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della P.A., per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali” è stato introdotto da una precisazione fatta perentoriamente dal ministro dell’economia Vittorio Grilli.
“Sarà la Commissione Ue a decidere come e quando usciremo dalla procedura per deficit eccessivo, in pubblico abbiamo sentito commenti positivi e non é emerso che a causa di questo decreto possa mutare il loro giudizio. Sono inoltre in arrivo altri 1,2 miliardi di rimborsi Iva alle imprese: l’agenzia delle entrate ha comunicato un’accelerazione dei rimborsi e in serata arriverà la comunicazione, che porterà il totale a 3,7 miliardi per quest’anno. Stiamo agendo per creare disponibilità di cassa. La mancanza di chiarezza sulle prospettive future non crea ottimismo, né restituisce fiducia ai cittadini, quindi il rimbalzo della domanda aggregata è difficile da prevedere”. Il ministro ha poi proseguito auspicando che la definizione di una strategia economica chiara su cui contare possa a breve ripristinare la fiducia nei confronti dello Stato.
Strategia che, beninteso, gli italiani – e tra loro i titolari di imprese – si aspettavano dal governo nazionale.
L’Europa, che spaventatissima dopo il caso Grecia, ha per noi attenzioni particolarmente rigide, ha salutato con soddisfazione ed un sospiro di sollievo la firma.
Olli Rehn, commissario europeo per gli affari economici e monetari, ha dichiarato che l’approvazione del decreto servirà all’Italia per ridurre i debiti e la avvicinerà all’uscita dalla procedura per deficit eccessivo. “Accelerare il pagamento dei debiti non è bacchetta magica, ma aiuta ad alleviare le imprese e perciò è importante”, ha concluso. Già , la bacchetta magica: non è che l’Europa ne ha una da prestarci? Noi al momento siamo alla ricerca di maghi capaci di tirar fuori il famoso coniglio dal cilindro. In attesa che la politica di svegli.
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