Date simboliche e ipotesi di complotto

by Sergio Segio | 17 Aprile 2013 8:05

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«No» ha risposto Duval, con un misto di ira e commiserazione, a Dan Biondi, reporter del sito Infowars, una miniera di distopiche realtà  parallele accomunate dall’idea che l’origine di tutti i mali sta in un potentissimo, nefasto, progetto di governo per la dominazione totale/globale.
«Non sappiamo ancora se i colpevoli facciano capo a un gruppo o si tratti invece di uno o più individui», ha detto ieri mattina, in un contesto meno fantapolitico, Barack Obama in una breve apparizione pubblica dalla Casa bianca.
E, posto che non si può ancora escludere l’opzione dell’atto isolato di un pazzo/pazzi, nella bellissima giornata di primavera che ha seguito l’attentato, quello che ci si sta chiedendo è se la pista del terrorismo punta fuori, in direzione di Al Queda, o invece a casa nostra (milizie, suprematisti ariani..). Alternativa questa giudicata impensabile fino al 19 aprile del 1995, giorno in cui, con una bomba a base di fertilizzante, Timothy McVeigh uccise 168 persone (più di 800 i feriti) in un edificio pubblico di Oklahoma City.
Con la celebrazioni del Patriot’s Day, gli anniversari di Waco, Columbine, Virginia Tech, e di Oklahoma City che aleggiano nel giro di due o tre giorni – insieme a quello dell’Indipendenza di Israele e alla commemorazione di Newtown sottoscritta dalla Maratona – gli appigli simbolici di un gesto come quello di Boston sono molteplici.
Ma, lasciando perdere il passato, è interessante osservare l’America di oggi, un paese che grazie a un’enorme spinta dal basso si sta muovendo verso grossi cambiamenti impensabili solo un anno fa – riforma dell’immigrazione, matrimonio gay, controllo delle armi… (tutti dibattuti a Washington proprio in questi giorni). E che, allo stesso tempo, convive ancora con la pesante eredità  di due guerre e delle politiche repressive post 11 settembre (è di ieri il rilascio di un nuovo, durissimo, rapporto sulla tortura. Di due giorni fa la lettera del prigioniero di Guantanamo pubblicata sul New York Times). Sono due Americhe molto diverse tra loro – la prima tutta proiettata verso il futuro, la seconda invischiata in un passato di cui si spera potrà  liberarsi al più presto. A seconda dei punti di vista, possono fare paura entrambe.

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