Dal Quirinale ai democratici tensione sullo strappo di Renzi

by Sergio Segio | 5 Aprile 2013 6:14

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ROMA — Matteo Renzi insiste nel chiedere di fare presto, ma il presidente Napolitano, finito dentro la polemica, gli replica con nettezza che «non si sta perdendo tempo», ricevendo il consenso della presidente della Camera Laura Boldrini. Renzi continua, però, a incalzare il leader del Pd Pier Luigi Bersani e lo invita a «non traccheggiare». Quelli che temono, obietta al capo del suo partito, che io possa imitare Berlusconi «vedono fantasmi dove non ci sono».
Tutta la giornata si gioca sul pressing del sindaco di Firenze che è uscito allo scoperto rivolgendo un aut aut a Bersani («o si fa un armistizio con il Pdl oppure è meglio tornare al voto»). Lui insiste sulla necessità  di sbrigarsi e in questo duello finisce coinvolto, suo malgrado, anche il capo dello Stato. «Decidetevi — è l’incitamento di Renzi —, sono passati più di 40 giorni dalle elezioni. Persino la Chiesa, che non è un modello di speditezza, è riuscita a organizzarsi velocemente. Con il sistema politico che abbiamo non si è ancora capito chi ha vinto o perso le elezioni».
In verità , Renzi chiarisce poi, per evitare fraintendimenti con il presidente della Repubblica, che «dare la colpa delle difficoltà  a Napolitano è una barzelletta: ricorda quelli che, quando vedono il traffico per la strada, danno la colpa al vigile». Non solo. Proprio per scongiurare ogni equivoco con il presidente aggiunge: «Napolitano è stato in questi sette anni un’assoluta certezza per il Paese, meno male che c’è stato Napolitano». Ma Napolitano, a sua volta, puntualizza, alludendo implicitamente alle obiezioni sollevate da Renzi, di non stare affatto traccheggiando. Napolitano esclude, inoltre, di avere intenzione di fare ulteriori consultazioni. «Sapete quello che sto facendo e che non farò», afferma laconico. E lascia così intendere (fa sapere una nota ufficiosa fatta filtrare dal Quirinale) di non essere disponibile a una nuova candidatura.
All’appuntamento con l’elezione del successore dell’attuale inquilino del Quirinale potrebbe esserci anche lo stesso Renzi che nell’aula di Montecitorio in quel caso guiderebbe le sue truppe in una battaglia che si annuncia cruciale per il futuro della legislatura. Il 18 aprile, quando cominceranno le votazioni alla Camera, il sindaco di Firenze potrebbe essere tra i tre grandi elettori in rappresentanza della Regione Toscana. Secondo quando filtra dal Pd regionale, Renzi sostituirebbe il presidente del Consiglio regionale Monaci del Pd (al momento ammalato) e affiancherebbe l’attuale governatore Enrico Rossi (sempre Pd) e un rappresentante dell’opposizione di centrodestra. La cosa non è ancora definita ma dall’inner circle renziano trapela con insistenza.
Le reazioni al pressing di Renzi si dividono. Critiche da sinistra, apprezzamenti da destra. Bersani si limita a dire: «Siamo qua». Molto polemico Davide Zoggia (Pd): «Se Matteo vuole governare con il Cavaliere si accomodi». Fioroni (Pd) giudica «sconsiderata la sua intervista perché vuole fare saltare l’elezione condivisa del presidente della Repubblica». Dal centrodestra giungono apprezzamenti: da Lupi alla Gelmini e alla Bernini. Riassume Bondi: «La sinistra non vuole Renzi. Il Pd è destinato a dividersi: i seguaci del rivoluzionarismo di Grillo e dell’utopismo alla Vendola non lo accettano proprio, Renzi».

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