Da Fassina a Gasparri, la caccia in strada al politico

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È uscito dalla porta che da su piazza del Parlamento Stefano Fassina, un po’ temeva quella piazza davanti che andava surriscaldandosi da ore. Non immaginava l’inferno che lo aspettava dietro. «Non mi è mai successo, davvero. Nemmeno in mezzo agli operai disperati ho visto tanta rabbia e tanta aggressività . È dovuta intervenire la polizia. Un cordone di trecento poliziotti che mi ha scortato per difendermi dalla folla inferocita. Neanche fossi stato uno stupratore».
La verità  è che di questi tempi sembra proprio che basta essere un politico per finire nel mirino delle proteste. Già , in questi giorni di marasma istituzionale è successo a molti parlamentari di essere contestati, in una protesta assolutamente bipartisan.
E se Dario Franceschini è stato pizzicato al tavolo della cena, il senatore del Pdl Carlo Giovanardi è stato accerchiato mentre dalla Camera cercava di raggiungere il suo ufficio di Palazzo Madama. Verso di lui è stato ripristinato il lancio di monetine di craxiana memoria.
Non ha dubbi Giovanardi: «Chi contesta i rappresentanti del popolo, li insulta e li aggredisce è fascista. Del resto i deputati grillini ricordano i deputati fascisti che uscivano fuori sulla piazza ad aizzare i manifestanti». E su questa considerazione Giovanardi si trova daccordo con Fassina.
Spiega infatti l’economista del Pd: «Quello che è successo a me è colpa della cultura fascista di Grillo. Nel momento in cui parla di golpe, io che esco dal Parlamento divento un golpista. Automaticamente».
Anche il senatore del Pdl e vice presidente di Palazzo Madama Maurizio Gasparri invoca: «Che finisca questa spirale di violenza di Grillo che incita i suoi ad andare a prendere i politici sotto casa. Basta, torniamo alla civiltà ». Gasparri è stato insultato e fischiato dai manifestanti e non ha esitato a cercare di fermarli con un gestaccio.
Dice, ora: «Sono stato io che sono andato a cercarli. Trovo disgustosa questa gente e volevo vedere fino a che punto erano capaci di andare. Il fatto è che per colpa di Grillo le regole democratiche sono saltate. E nessuno, ad esempio, ha parlato di quella senatrice di M5S che ha provato a dimettersi dal Senato senza fornire alcuna motivazione. Di più: quando gliele abbiamo sollecitate, lei ha letto un foglietto mentre due senatori del suo movimento le stavano addosso, fisicamente, per impedirle di aggiungere parole che non fossero scritte su quel foglio. Non si sono mai viste scene simili in Parlamento. È ora di smetterla, non possiamo subire questo clima di violenza e di intimidazione».
Violenze fisiche, monetine, insulti verbali. E poi gli insulti sul web, una vera valanga senza fine in queste ore. Per verificare è sufficiente andare a sbirciare sulle pagine dei politici su Facebook, come quella del segretario dimissionario del Pd Pier Luigi Bersani, per esempio.
Nessuno viene risparmiato. Persino il dialogante deputato del Pd Pippo Civati, non ha attraversato indenne la bufera. È stato lui che è andato a cercare la piazza che inneggiava a Rodotà  e si è beccato insulti quando ha confessato di aver votato scheda bianca nella penultima votazione del presidente della Repubblica. E sicuro: «Questa contestazione ha un fuoco ben preciso. La chiamerei sindrome di Rodotà : nel momento in cui c’è la possibilità  di una svolta, la mancata svolta fa esplodere gli animi».


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