Crolla il potere d’acquisto delle famiglie: è calato del 4,8 per cento, mai così dal 1995

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MILANO – Cala la possibilità  delle famiglie italiane di fare acquisti e risparmiare, a testimonianza di come la crisi economica abbia colpito le finanze degli italiani. Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è diminuito infatti del 2,1% nel 2012. Lo segnala l’Istat, sottolineando che nell’ultimo trimestre dell’anno esso ha registrato una riduzione dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti e del 3,2% sul quarto trimestre del 2011. Tenuto conto dell’inflazione, però, il potere di acquisto delle famiglie consumatrici è diminuito del 4,8% durante lo scorso anno. Un simile calo annuale non si era verificato dal ’95, anno di inizio delle serie storiche. La situazione è andata peggiorando nel quarto trimestre, quando il potere d’acquisto si è ridotto dello 0,9% rispetto al trimestre precedente e del 5,4% nei confronti dello stesso periodo del 2011.

Secondo i dati rilevati dall’Istituto di Statistica, che oggi ha rilasciato anche quelli sull’andamento delle retribuzioni contrattuali, la propensione al risparmio è risultata pari all’8,2% nel 2012, con una diminuzione di 0,5 punti percentuali rispetto all’anno precedente e a un livello mai così basso dal 1990, sempre anno d’inizio delle serie storiche. Restringendo l’analisi al solo quarto trimestre del 2012, la propensione al risparmio è stata pari all’8,3%, con una diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 0,9 punti rispetto al corrispondente trimestre del 2011. Ma la riduzione del tasso di risparmio delle famiglie si spiega non solo con il calo dei redditi disponibili: questi ultimi, infatti, si sono ridotti del 2,1%, ma la spesa per i consumi da parte degli italiani non è arretrata allo stesso livello (-1,6%) e ha generato il gap.

In diminuzione anche gli “investimenti fissi lordi” delle famiglie e il relativo tasso (dato dal rapporto tra l’acquisto di abitazioni e il reddito disponibile): i primi sono diminuiti del 4,6% e il tasso si è attestato al 6,8%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al 2011.

Tassi di crescita tendenziali e congiunturali dei prinicipali aggregati del settore delle famiglie consumatrici (fonte Istat)

Nella pubblicazione Istat trovano spazio anche i dati che riguardano i “profitti delle società “. Nel 2012 la quota di profitto delle società  non finanziarie (intesa come rapporto tra risultato lordo di
gestione e valore aggiunto lordo ai prezzi base) è stata del 39%, con una riduzione di 1,1 punti percentuali rispetto al 2011. Nel quarto trimestre del 2012 è stata pari al 38,5%, in diminuzione di 0,6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,2 punti rispetto al corrispondente trimestre del 2011. Scende a ritmo maggiore il dato sugli investimenti fissi lordi delle società  non finanziarie, calati del 7,9% rispetto all’anno precedente. Il tasso di investimento (definito dal rapporto tra investimenti fissi lordi e valore aggiunto ai prezzi base) è sceso al 20,5%, con una riduzione di 1,4 punti percentuali rispetto al 2011.


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