Consultazioni lampo sull’agenda dei saggi le scelte
ROMA — I punti fermi e irrinunciabili, Giorgio Napolitano, li ha indicati ieri al Parlamento nel suo discorso d’insediamento da presidente della Repubblica. Il nuovo governo avrà come programma le linee guida tracciate dai «dieci saggi»: le riforme istituzionali, rinviate finora, e un piano per uscire dalla recessione, combattere la disoccupazione, riagganciare la crescita in un’ottica europea. Nel ribadirlo, e nel richiamare i partiti alle loro responsabilità , il presidente ha fatto capire che in qualunque modo vada a comporsi l’organigramma del governo, a partire dal premier, e qualsiasi formula bizantina si voglia usare per descriverlo, le cose da fare sono quelle.
Napolitano peraltro ha già presente i desiderata di tutti. Il Pdl vorrebbe un governo di «larghe intese» più politico (almeno premier e vice), altrimenti andrebbe a elezioni; il Pd ne preferirebbe uno «di scopo» e più tecnico; Scelta civica vorrebbe continuità con il governo Monti. Lega e M5S sono una sorpresa.
Come prevedibile, le posizioni sono inconciliabili, inutile dunque perdersi in antichi rituali: la strategia di Napolitano è evitare d’impantanarsi nelle beghe politiche dei partiti, perciò la rapidità è essenziale. La sua non potrà che essere un’azione veloce, come quella che portò alla nascita dell’organigramma del governo Monti.
Ecco dunque che il programma c’è già e che per la composizione dell’esecutivo non si utilizzeranno più di due giorni. Le consultazioni saranno veloci, è stato spiegato ieri dal Quirinale: oggi, recita la nota, partirà «un rapido giro di incontri con le rappresentanze parlamentari» allo scopo di verificare «essenzialmente ogni eventuale aggiornamento delle posizioni già illustrate nelle precedenti consultazioni per la formazione del nuovo governo».
Parole curiose, perché non c’è chi non veda che nel tempo che è intercorso tra «le precedenti consultazioni», che portarono a un preincarico a Bersani, e la votazione per il Quirinale, qualcosa è cambiato: il centrosinistra è imploso. Può quello che stasera avverrà alla direzione del Pd lasciare indifferente il capo dello Stato? Se la risposta è sì, allora Napolitano andrà per la sua strada senza tener conto se personaggi come Giuliano Amato (disponibile a certe condizioni e in pole position) e Enrico Letta (tentabile), entrambi digeribili per il centrodestra, non trainano tutto o quasi il Pd. Anche se in serata, a «Piazza Pulita», Matteo Orfini ha lanciato un’opzione diversa: «Nella direzione del partito proporrò Matteo Renzi alla presidenza del Consiglio».
Se invece volesse disinnescare ulteriori scontri, allora potrebbe tirare fuori quella che viene considerata una carta coperta: un personaggio di forte caratura internazionale, o comunque di indiscutibile prestigio, capace di vincere anche le resistenze del Pdl a un premier dal profilo tecnico, grazie a compensazioni più politiche nella compagine governativa.
E qui i profili che vengono in mente sono quelli prima di tutto dei saggi: da due giorni, ad esempio, rimbalza il nome del presidente dell’Istat, Enrico Giovannini. Fuori dalla cerchia dei dieci, ci sono Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Banca d’Italia, il sociologo Giuseppe De Rita, il presidente della Corte costituzionale Franco Gallo. E poi gli ex ministri come Annamaria Cancellieri, che insieme a Enzo Moavero Milanesi e Corrado Passera, tornano nel totoministri. Infine gli outsider veri e propri: da Sergio Chiamparino a Graziano Delrio a Emma Bonino.
Il clima di incertezza e il velo di discrezione che Napolitano ha fatto calare spiazzano anche i bookmaker che non hanno un favorito: per ora infatti è la categoria «altro» a prevalere.
Sotto le caselle dei ministri lievitano le aspettative di tutti i partiti: ciascuno in questi giorni ha espresso una rosa di nomi. Così dal Pdl, oltre a Gaetano Quagliariello, dato alle Riforme, circolano i nomi di ex ministri come Mariastella Gelmini e Renato Brunetta, oltre ovviamente a Angelino Alfano. Dal Pd emergono i profili di Enrico Letta, dato anche come vicepremier o ministro dell’Economia o dello Sviluppo economico. Ma anche Luciano Violante e Filippo Bubbico (tra i saggi), Stefano Fassina e Francesco Boccia, che però rappresentano ancora la segreteria uscente. Tra i montiani lo stesso Monti correrebbe per gli Esteri, come Mario Mauro, candidato anche alle Politiche comunitarie e all’Istruzione.
C’è poi l’incognita Lega: entrerà nel governo, lo appoggerà dall’esterno? La riserva non è ancora sciolta. Infine c’è chi dice che Napolitano potrebbe sfidare il voto grillino scegliendo una figura tra i loro candidati al Quirinale…
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