Colle, Gabanelli prima scelta M5S Grillo: “Il Pd la voti, poi vediamo

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SEQUALS — Nella piazza del municipio di Sequals, patria di Primo Carnera, il pugile buono, Beppe Grillo tratta per il Quirinale e fa un’offerta a Bersani e al Pd: «Votate per la Gabanelli anche voi. E’ una persona straordinaria, una signora fuori dagli inciuci. Date questo segnale e poi vediamo ». Traduzione: da una scelta condivisa sul presidente può nascere un nostro ok al nuovo governo, «previa votazione del Movimento». In piedi su un palchetto, le Alpi con la neve sullo sfondo, il lider maximo detta la linea a modo suo, blandendo e anche sbeffeggiando il segretario del Pd: «Giuro che non lo prenderò più per il culo, non lo chiamerò nemmeno Gargamella, ma signor Bersani».
La folla di paese ride e ascolta. Poi però Grillo fa retromarcia: «Non c’è alcuna apertura al Pd perché i sondaggi darebbero Berlusconi in crescita: non sono valutazioni che abbiamo fatto». Piuttosto, aggiunge riferendosi al Cavaliere, «la legge sull’incandidabilità  dell’uomo di cera è pronta, adesso il Pd dovrà  votarla altrimenti ne risponderà  ai propri elettori e al Paese».
Lo scenario di giornata è il Friuli Venezia Giulia che va al voto domenica. La location, fra le tante, sarà  anche la diga del Vajont, ultima tappa grillina all’imbrunire. Il tour elettorale serve per lanciare messaggi al centrosinistra: se non passa la Gabanelli («Non le ho parlato, temo che non accetterà »), può essere Strada il candidato presidente e se non è nemmeno Strada, sarà  Rodotà . Grillo è in giornata buona, persino con i giornalisti («Li sto trattando bene»). Sa come lanciare l’amo finale al Pd: «Rodotà  è un ottimo nome, spendibile per la sinistra, è perfetto. Deve essere votato». Fin qui la carota, l’apertura, «l’ultimo treno per la democrazia prima dei fucili». Ma se il Pd, invece, dovesse convergere con il Pdl sul nome di Giuliano Amato per il Colle, Grillo gliela farà  pagare: «Amato è stato il cassiere di Craxi. Votandolo la sinistra si suicida».
Tinte cupe, prendere o lasciare: «Questa è una Rivoluzione francese senza ghigliottina. Ma se falliamo noi arriva la ghigliottina ». Uditorio non molto numeroso, giustamente impressionato; a Sequals, cuori di marzapane e tendine ricamate alle finestre,
sono poco abituati ad un linguaggio così ruvido. E allora Grillo, monitorando facce stupite, si concede qualche digressione locale, evoca l’idolo nostrano, il gigante Carnera che «si è fatto strada nel mondo», stigmatizza l’uso dei «lavoratori del Bangladesh» nei cantieri di Monfalcone, loda il made in Friuli. Per poi tornare sempre a Roma, perché è lì che si gioca la partita. «Diano un segnale su Gabanelli, poi vediamo… ». La signora, nonostante sia giornalista, gli piace davvero: «Con lei sarebbe la Repubblica delle manette, finalmente». E ancora, questa piacerà  ai tedeschi: «La Gabanelli è una che, prima di andare dalla Merkel, fa una bella inchiesta e poi la massacra».
Di primo mattino, su un’altra piazza friulana, a Zoppola, i toni erano stati diversi, bastone e carota, appunto. Solito palchetto: «Il sistema dei partiti è finito, la democrazia rappresentativa è finita.
Il cittadino si auto-delega, si auto-vota, entra in un sistema ed è un portavoce». Approfittando di una terra delicata e parsimoniosa, Grillo la butta sul religioso: «Siamo francescani come il Papa ». Ed è in questo spirito francescano che il leader Cinquestelle si rammarica per il mancato accordo con il Pd per il governo: «Bersani poteva rinunciare ai rimborsi elettorali, bastava staccare un assegno…». Così come, dice, ci vorrebbe «mezz’ora» per abrogare il Porcellum e tornare alla legge elettorale precedente in vista magari di un «maggioritario alla francese o proporzionale alla lituana». Lo stile è quello, vecchie zampate di comico, sapientemente mescolate a toni accorati con un inedito e scaltro tocco di sfogo personale: «Comincio ad avere paura anch’io. La mia vita è cambiata. Inseguono me, i miei figli, i nipoti. Vogliono disgregarci».
Grillo deve convincere, anche gli abitanti di Zoppola, che il tempo è poco («A mesi non ci saranno più né pensioni né stipendi ») e bisogna fare le scelte giuste. Sceneggia il colloquio con un possibile futuro capo dello Stato: «Signor Grillo, la coalizione di maggioranza ha fallito. Provi a fare il governo lei…». Un incarico alla sua persona lo definisce «l’unico segnale di speranza», l’ultima spiaggia per il Paese. Se prevarrà  l’inciucio Pd-Pdl, il «nuovo presidente non farà  nulla, al massimo il governo arriverà  a settembre». Tenta gli elettori sfiduciati di Zoppola, Sequals, Erto e Casso: «Se la prossima volta ci date il 50 per cento li mandiamo
tutti a casa».


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