Carovita, potere d’acquisto mai così giù dal ’90

by Sergio Segio | 10 Aprile 2013 6:38

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ROMA — Il quesito è risolto: gli italiani sono sì più ricchi dei tedeschi ma guadagnano meno. Forse perché hanno sempre risparmiato molto accumulando i soldi per comprare la casa, caposaldo della ricchezza familiare, mentre i conterranei della cancelliera Angela Merkel hanno puntato con meno determinazione all’acquisto di un’abitazione preferendo destinare le proprie risorse ad investimenti finanziari che nei sondaggi come quello svolto nell’Eurozona vengono rivelati con più difficoltà .
Fatto sta che nell’indagine sui bilanci delle famiglie nell’area dell’euro —condotto per conto della Bce da 15 banche centrali (con l’esclusione di Irlanda e Estonia) — l’Italia spicca per essere un paese ricco ma senza reddito, con lo sconcertante rovescio della medaglia di essere un paese povero ma senza debiti. Definizioni all’apparenza inconciliabili ma che si chiariscono con la lettura dei dati: sulla ricchezza l’Italia è tra i primi posti con 275 mila euro a famiglia rispetto ai 231 mila di media per l’area, meno della Spagna (il paese più ricco è Lussemburgo) ma più della Francia e della Germania. Se si guarda ai valori pro capite l’Italia e la Spagna sono a quota 108 mila 700 euro, seguite da Francia (104.100 euro) e da Germania (95 mila 500 euro). Diversamente il nostro paese è al 9°posto su 15 per il reddito con circa 37 mila 850 euro, poco più di 3 mila euro al mese, per famiglia e al decimo posto per reddito equivalente, un valore che meglio consente i confronti, con circa 20 mila euro rispetto ad una media dell’eurozona di 23.500. L’Italia è però anche uno dei paesi con la quota di poveri più alta, al 16,5% contro una media del 13% e pure quello in cui le famiglie hanno meno debiti: rappresentano solo il 25% del totale rispetto ad una media dell’area dell’euro del 44%. E ciò, nonostante sia in calo, dopo anni di crescita, la propensione al risparmio. Un tasso questo che l’Istat ieri ha quantificato per l’intero 2012 nell’8,2%, in flessione dello 0,5% rispetto all’anno prima, il valore più basso dall’inizio delle rilevazioni nel 1990.
Quel che però emerge con più evidenza nelle statistiche diffuse dall’Istituto guidato da Enrico Giovannini è il progressivo impoverimento delle famiglie italiane che nel 2012 hanno potuto contare su un reddito disponibile ridotto del 2,1% rispetto al 2011 e che hanno visto il loro potere di acquisto diminuire del 4,8% con un accelerazione del calo nell’ultimo trimestre quando la contrazione su base annua è risultata del 5,4%. Ed anche in questo caso si tratta di dati record nelle serie storiche elaborate dall’Istituto nazionale di statistica che ha pure segnalato come siano peggiorati i conti delle aziende: i profitti sono scesi dell’1,1% il dato più basso dal ’95.
Il 2013 per ora non promette bene, visto che le retribuzioni, monitorate sempre dall’Istituto nazionale di statistica, sono rimaste ferme a febbraio rispetto a gennaio, crescendo solo dell’1,4% su base annua. D’altra parte l’attività  contrattuale procede a rilento, basti pensare al blocco per gli statali, con ben 5,4 milioni di dipendenti che attendono il rinnovo. Inoltre non sono certo positivi le cifre dei conti bancari che arrivano dalla Banca d’Italia: sempre in febbraio, i prestiti alle famiglie sono scesi dello 0,7%, mentre quelli alle società  non finanziarie sono diminuiti del 2,6%. Di contro sono aumentate al 18,6% (dal 17,5%) su base annua le sofferenze cioè i finanziamenti non rimborsati. Su fronte della raccolta continua il rafforzamento dei depositi mentre resta in difficoltà  il ricorso al mercato obbligazionario.

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