Bot, rendimenti al minimo storico ma Moody’s ammonisce l’Italia

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ROMA â€” I mercati fanno il pieno di Bot a sei mesi, portando i tassi a un nuovo minimo storico. Mentre le piccole e medie imprese italiane, asfissiate da una crisi che non molla, hanno sempre più bisogno di denari che però affluiscono con il contagocce. Il Tesoro brinda, dunque. Il settore privato langue. In Europa intanto la Bundesbank attacca nuovamente
la Bce. E quando in Italia è già  notte, arriva un segnale in chiaroscuro da Moody’s. L’agenzia americana lascia invariato il rating del nostro Paese confermando anche l’outlook negativo: tutto sommato una buona notizia, considerando i timori di declassamento circolati nelle ultime settimane, ma Moody’s articola questa decisione con un avvertimento molto forte all’Italia,
oltre che con un taglio delle stime sul Pil 2013, abbassate al -1,8% rispetto al -1% della precedente previsione. «L’Italia – afferma Moody’s – resta suscettibile a una perdita di fiducia degli investitori a causa dello stallo politico e del rischio contagio degli altri Paesi periferici. Nonostante gli sforzi per la formazione di un nuovo governo – aggiunge l’agenzia di rating – senza un consenso fermo e un chiaro mandato, le prospettive per ulteriori riforme economiche appaiono deboli e il rischio è una crescita limitata». Moody’s punta il dito anche contro il sistema creditizio del nostro Paese, definendolo «debole» e sottolineando che il credito, soprattutto per le piccole e medie imprese, resta «limitato e costoso».
In mattinata si era registrato l’esito positivo per l’asta dei titoli di Stato semestrali: 8 miliardi di Bot offerti e collocati, a fronte di una richiesta pari quasi a una volta e mezza, 11,2 miliardi. I tassi sono precipitati allo 0,503%, segnando così un nuovo record, positivo per le casse pubbliche, perché significa meno spesa per gli interessi. Un livello così basso non si vedeva, per i semestrali, dall’agosto del 2009 (0,55%).
Se dunque la signora delle aste, Maria Cannata – la custode del debito pubblico in via Venti Settembre – esulta, non così le imprese. La Bce ieri ha certificato l’asfissia in cui operano le piccole e medie aziende italiane. Un’asfissia di credito che si allenta un po’ per tutti nell’Europa del Nord ma che in Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, sembra cronicizzarsi. A marzo in Europa i prestiti alle pmi sono scesi del 3%, quelli alle famiglie dell’1,3%. Insieme a Spagna (e al resto dei Pigs), le pmi italiane sono le peggiori in termini di alti costi del lavoro, profitti in discesa, scarso turnover, aumento dei debiti, interessi sui prestiti più alti. L’esatto opposto della Germania, dove il credito prospera a tassi bassi, ma le aziende ne hanno sempre meno bisogno. Una situazione di forza che consente alla Banca centrale tedesca di criticare ancora lo scudo anti-spread, messo a punto un anno fa da Mario Draghi: la Bundesbank in un rapporto afferma che l’acquisto del debito dei Paesi in difficoltà  «compromette l’indipendenza della Bce» e che lo spread «non è un fattore di disturbo della politica monetaria».


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