Boston, sotto assedio uno degli attentatori Il fratello ucciso dalla polizia
CAMBRIDGE (Massachusetts) — «Gioviale, compassionevole, grato all’America che ha accolto lui e la sua famiglia». Così i vicini e gli ex compagni del liceo parlano di Dzhokhar Tsarnaev, il ragazzo di 19 anni di origine cecena, responsabile della strage alla maratona di lunedì scorso, ricercato dalla polizia casa per casa nelle strade di Watertown e Cambridge, periferia occidentale di Boston, per tutta la giornata di ieri, dopo una notte di sparatorie e inseguimenti. Dopo 15 ore di ricerche, il giovane è stato localizzato in una barca tenuta per l’inverno in un giardino di Franklin Street. Come ha confermato ieri notte alla Cbs il sindaco di Boston. Ancora raffiche di armi automatiche nella notte e il tentativo di stanarlo coi gas lacrimogeni.
Il fratello di Dzhokhar, il 26enne Tamerlan, protagonista con lui dell’attentato, è morto nello scontro a fuoco. Ucciso anche un poliziotto del Massachusetts Institute of Technology, mentre un altro è rimasto seriamente ferito. Ma sembrava che Dzhokhar fosse riuscito a fuggire: lo aveva ammesso la stessa polizia, prima della svolta a tarda sera.
Più che blindata, ieri Boston sembrava una città evacuata: strade e autostrade deserte in pieno giorno, parchi vuoti. Dopo la notte di fuoco e col fuggitivo braccato, le autorità hanno chiuso scuole e università , bloccato treni, metropolitane, autobus e anche il servizio dei taxi. I cittadini di Boston sono stati invitati a restare a casa, anche se non abitano nella zona «off limits»: quella, a cavallo tra Watertown e Cambridge, la città universitaria, la zona della caccia all’uomo.
Il silenzio è irreale, rotto solo dalle sirene, dall’andirivieni dei blindati pieni di uomini in divise ed elmetti neri, e dal rumore dei «Black Hawk»: i grossi elicotteri che continuano a cercare il fuggitivo dall’alto. A Cambridge sono ospite di un collega giornalista la cui moglie insegna ad Harvard. Siamo a meno di un chilometro dal luogo della fuga del giovane attentatore. Le poche persone che incontro per le strade del quartiere sono pietrificate: mai avrebbero immaginato che, dopo le bombe che hanno trasformato Boylston Street in una via di Kabul o Baghdad, questa civilissima città sarebbe diventata il teatro di inseguimenti con ordigni lanciati in strada e un attentatore che, forse, si è fatto saltare in aria. E un altro in fuga, probabilmente imbottito di esplosivo.
Una vicenda che lascia senza fiato un’America che non si rassegna a trasformarsi in un Paese blindato, che considera libertà e apertura al mondo la sua linfa vitale. E che non riesce a spiegarsi come sia possibile che a colpirla siano stati non degli «esclusi», ma persone che negli Stati Uniti hanno trovato un rifugio, il benessere e la possibilità di frequentare ottime scuole. Tamerlan, che aveva la «carta verde», ha studiato al Bunker Hill Community College per diventare ingegnere, anche se da un anno aveva sospeso gli studi e si era dato al pugilato. Dzhokhar, il ragazzo braccato, è addirittura cittadino americano: il padre nel 2002 era riuscito ad ottenere il diritto d’asilo. Dopo aver fatto il liceo a Cambridge e aver lavorato per un po’ come bagnino nelle piscine dell’ateneo di Harvard, si è iscritto ad un’altra accademia di prestigio, la University of Massachusetts di Dartmouth a New Bedford, a 65 miglia da Boston.
Il film della tragica notte, che ha ancora alcuni punti da chiarire, comincia alle 10.30 della sera di giovedì, cinque ore dopo la diffusione delle immagini dei due da parte dell’Fbi. Fino ad allora i due avevano pensato di farla franca. Dzhokhar si era addirittura fatto vedere mercoledì a Dartmouth. Le immagini delle telecamere di sorveglianza che li ritraggono vicini, con un cappello bianco e uno nero e i zaini in spalla, sono abbastanza nitide. I due decidono di scappare. Uccidono un poliziotto della sorveglianza del Mit, l’università tecnologica di Boston, accorso in un «fast food» della catena «7-Eleven» che, secondo la prima ricostruzione, era stato rapinato dai due, a caccia di soldi per la fuga. Ma a tarda sera la polizia cambia versione: i due erano nel locale ma non sono stati loro a compiere la rapina. Solo una coincidenza?
Comunque i due scappano a bordo di un Suv Mercedes sequestrando anche il guidatore che poi riuscirà a fuggire quando si fermano in una stazione di servizio. Comincia la grande caccia della polizia che li bracca seguendo le tracce del Gps del fuoristrada.
Come in un film, i due sparano con fucili d’assalto e lanciano ordigni esplosivi mentre fuggono lungo i viali di Cambridge e, poi, Watertown. A un certo punto Tamerlan scende dal veicolo e viene crivellato di colpi degli agenti. Dzhokhar passa sopra al fratello morente e fugge. Tamerlan viene trasportato all’ospedale Beth Israel dove muore poco dopo. Pare che avesse dell’esplosivo addosso e forse ha cercato di farsi saltare in aria: i medici hanno parlato di ferite di arma da fuoco ma anche di ustioni, probabilmente provocate da un’esplosione.
Il fratello, invece, sparisce in un quartiere che deve conoscere bene, nel quale abitano molti armeni e ceceni. Mentre la polizia circonda la zona perlustrando ogni casa, dal Maryland lo zio Ruslan Tsarni invita Dzhokhar a costituirsi. E racconta di aver sentito saltuariamente i due ragazzi da quando i loro genitori sono rientrati in Daghestan, uno Stato dell’Asia centrale nato dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, dove il padre viene curato per un tumore al cervello.
Fermate ma non arrestate due persone che forse vivevano coi due ragazzi, in un palazzo d’appartamenti di Norfolk Street, nel cuore di Cambridge. E l’America spera di uscire presto dall’incubo.
Massimo Gaggi
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