Bersani sotto assedio Trattative nella notte passo avanti di Prodi

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ROMA — Franco Marini impallinato. Il Pd che si frantuma. L’accordo con il Pdl che traballa. Renzi che a tarda sera raduna i suoi a cena. E la «fase nuova» annunciata dal leader Pier Luigi Bersani e imbastita con le varie anime del partito in lotta. Una fase che si aprirà  oggi all’assemblea dei grandi elettori del partito con una consultazione stile primarie. E potrebbe chiudersi con il duello tra Massimo D’Alema e Romano Prodi (dato in grande ascesa la scorsa notte), anche se la rosa dovrebbe comprendere anche altri nomi, compreso un «mister X», pescato tra gli outsider di alto profilo.
«Certo che ce la fa Marini. Ampiamente». Era iniziata così la giornata di passione del Pd in Transatlantico. Con l’ottimismo ostentato dei dirigenti. Molto turbati segretamente, invece, dagli esiti della riunione della vigilia del voto. Si facevano i conti sulla carta: fantasticando sui voti di Pdl, Lega, Fratelli d’Italia e centristi da unire a quelli del Pd, sia pure senza la cinquantina dei renziani. Ben oltre i 672 sufficienti. Subito dopo il primo voto iniziano, drammatici, i conti con la realtà . Solo 521 voti. Almeno 160 franchi tiratori. All’appello non mancano solo i voti, annunciati, dei renziani confluiti, come prima scelta sull’ex sindaco di Torino, Chiamparino, per mantenere aperta l’opzione successiva: Romano Prodi. Ma, anche quelli dei giovani turchi, dei veltroniani e dei prodiani. A sparare su Bersani sono anche i fedelissimi emiliani, sensibili alla protesta che sta salendo dalla base. Persino l’ex portavoce delle primarie, Alessandra Moretti, non segue l’indicazione Marini e vota scheda bianca.
Bersani è sempre più solo. Inutile il tentativo di riunire i cocci nella pausa pranzo. Si decide di votare scheda bianca per non esporre Marini al secondo insuccesso. Ma finisce anche peggio della prima votazione. A tarda sera, Matteo Renzi sbarca a Roma e chiama a raccolta i suoi a cena per prepararsi all’assemblea decisiva di questa mattina. Dice ai suoi: «Mi sembra ormai evidente che ci sia una spaccatura nel Pd, speriamo che da domani (oggi, ndr) non ci sia più. L’obiettivo non era abbattere Marini ma eleggere un presidente della Repubblica che rappresenti gli italiani». E prepara le sue contromosse: «Proviamo a trovare un ampio consenso su Chiamparino che potrebbe essere visto bene anche dai berluscones. Altrimenti la soluzione di Prodi che potrebbe trovare il consenso di Sel e Casaleggio. La candidatura di D’Alema non esiste». Anche Walter Veltroni invita «a non insistere» e a tornare a valutare una o più personalità  «fuori dalle appartenenze politiche».
Dopo un nuovo vertice, Bersani prende atto della débà¢cle: «Bisogna dare un presidente al Paese. Faremo di tutto per ritrovare il filo nel Pd. Ma avendo chiaro che da soli non eleggiamo il capo dello Stato. Neanche alla quarta votazione», dice ai suoi. E in una nota afferma: «Spetta al Pd la responsabilità  di una proposta a tutto il Parlamento, decisa con metodo democratico nell’assemblea dei nostri grandi elettori».
La «nuova fase» partirà  oggi. Con una sorta di Quirinarie del Pd, votate dai grandi elettori di tutta la coalizione all’interno di una rosa di nomi. Chi ci sarà ? La sfida finora covata nell’ombra tra D’Alema e Prodi si avvia alla fase decisiva. Sul primo si coagulano i consensi di una parte del Pd e si registra la non belligeranza del Pdl. Prodi, che resta l’unico candidato riuscito a sconfiggere Silvio Berlusconi, potrebbe offrire una sponda a convergenze con M5S, avendo ricevuto voti nelle Quirinarie di Beppe Grillo. Ma potrebbero esserci anche altri candidati di rilievo. Ieri si è parlato anche di un possibile «Mister X»: c’era chi auspicava Mario Draghi, chi Emma Bonino. Alcuni puntavano anche sui presidenti di Camera e Senato: Laura Boldrini e Pietro Grasso. Oggi si tenterà  di risolvere il rebus. Ma la situazione è molto più fluida di quanto appaia. Rodotà , candidato dal M5S, oltre ad aver causato la rottura tra il Pd e Nichi Vendola, genera tensioni interne. Le esplicitava meglio di tanti mugugni ieri un tweet di Adriano Celentano: «L’appello di Grillo su Rodotà  è la svolta che Bersani non può rifiutare». Intanto una conversazione captata dall’Ansa registra uno scambio di battute tra renziani: «Il cavallo ferito va abbattuto per risparmiare tempo e non farlo soffrire. Chi è il cavallo ferito? Bersani. Anche lasciarlo fare per poi criticarlo non fa bene a noi e a lui». E il sindaco prende le distanze: «Sono termini lontanissimi da me»


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