Veronesi: Grillo è al bivio dialoghi, distruggere non serve

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PROFESSOR Umberto Veronesi, siamo ormai a Levi-Strauss. Ci si domanda se Beppe Grillo sia antropologicamente compatibile con Bersani? Paradosso a
parte, che ne pensa?
«Penso che il problema non sia l’incompatibilità , ma l’incomprensione. La posizione di Bersani – che io stimo molto – appartiene ad una politica basata sul principio della rappresentatività , mentre quella del Movimento è figlia della politica fondata sulla partecipazione.
Entrambi hanno come obiettivo la democrazia, ma democrazie rappresentativa e partecipativa hanno regole, meccanismi e linguaggi diversi».
Qual è meglio?
«Io credo nelle democrazia partecipativa. C’è un’umanità  che non si trova su giornali e tv. Tutti citano giustamente il web come strumento ed espressione di un nuovo sentire e pensare. Ma ci sono anche altri segnali e altri mezzi. Per esempio l’adesione della popolazione agli ultimi referendum. Insomma credo che l’idea della rappresentatività  sia al tramonto, e vedo nei movimenti l’alba della democrazia partecipativa. Certo il passaggio non è facile, perché la partecipazione richiede consapevolezza. Ma il cambiamento è oggi. E oggi va affrontato».
Aveva intuito il quadro politico uscito dalle urne?
«Onestamente no. Avevo intuito la forza innovatrice di Grillo, ma non potevo immaginare cosa questo significasse in termini di voti. Sono sempre stato un suo estimatore, anche se spesso oggetto dei suoi attacchi. Due anni fa dissi in tv che non andava sottovalutato, ma analizzato e compreso».
Che cosa incarna il Movimento 5 stelle? Rabbia, populismo, disillusione, sfiducia nell’ortodossia politica?
«Tutte queste cose. Vede, oggi la società  è troppo complessa – multietnica, multiconfessionale, globale – per trovare facilmente persone o partiti che la rappresentino. Ci vuole una rappresentatività  diretta».
Ma Grillo è antidemocratico quando dice “vi spazziamo via tutti”.
«L’ideale sarebbe cambiare il sistema senza spazzarlo via. Ma allora ci vuole, da parte del sistema, la disponibilità  a trasformarsi. E Grillo dovrebbe sperimentare strade alternative al massacro, quella del dialogo per esempio. Forse è solo questione di tempo e imparerà  ».
Professore, sembra di vedere anche altri germi nel grillismo: autoritarismo, dispotismo, superomismo. Un po’ di Mussolini e un po’ di Pugaciov.
«Sia ben inteso, non condivido
i modi di esprimersi di Grillo. Sono contro ogni forma di violenza e sopraffazione, anche quella verbale, che trovo inutile e distruttiva. Sostengo però che Grillo e il suo movimento vanno capiti, prima di attribuire qualsiasi etichetta».
Quindi condivide il giudizio di Barbara Spinelli quando su “Repubblica” scrive che i grillini rappresentano anche il buono del populismo, cioè il desiderio del popolo di farsi cittadino, di farsi Stato?
«Certo. È la democrazia partecipativa. La campagna contro l’acquisto degli F35 ne è un esempio: la gente è stata informata (non dal governo, purtroppo ), si è organizzata e coalizzata grazie al lavoro delle associazioni civili, la Rete Italiana Disarmo in testa, e ha reclamato dalle piazze e dal web la revoca del programma. Altro tema che condivido è il ridimensionamento dell’apparato politico. Va abolito il ministero della Sanità  perché la salute dei cittadini è il risultato dell’ambiente in cui viviamo, di come ci alimentiamo e come e dove lavoriamo, e esistono ministri preposti a queste tre aree. Va abolito il ministero dell’Agricoltura, delegandolo alle regioni. Vanno abolite le forze armate nazionali a favore della partecipazione dell’Italia ad un esercito unico europeo con funzioni di peace-keeping. Va riformato il sistema giudiziario sulla base del recupero del condannato. Va garantita la parità  di uomini e donne alle Camere e nelle istituzioni pubbliche. E va fatta la riforma elettorale. Bisogna studiare un modo affinchè i cittadini possano accedere in modo sicuro ed affidabile al voto elettronico ».
Le propongo di mettersi nel panni di pontiere. Come dovrebbe muoversi Grillo, considerate anche le parole di apprezzamento ricevute da Napolitano?
«Grillo si trova in una situazione non facile. Da un lato non può tradire la sua missione innovatrice, dall’altro non può assumersi la responsabilità  dell’ingovernabilità . Un accordo con Bersani è auspicabile».
Lei è un uomo di sinistra, un riformista. Mi dica, dove continua a sbagliare il centrosinistra?
«Nell’ignorare l’evoluzione culturale della società  che è sotto gli occhi di tutti. Nel non avere più, come ai tempi eroici di Turati, la sua anima di partito vicino alla gente».
È stata debole la candidatura di Bersani a premier?
«Credo di no. E comunque non si può parlare di errore se è frutto di un confronto democratico. Le primarie ci sono state. Bersani le ha vinte, Renzi le ha perse».
A Milano si ritrova con un presidente della Regione leghista. Perché Ambrosoli non ce l’ha fatta?
«Che il Nord sia orientato sul centrodestra non è una novità . Formigoni ha resistito vent’anni».
Non le sembra strano che gli inviti più forti al rinnovamento della politica giungano da ottuagenari come lei, Dario Fo e Margherita Hack?
«Lo scrittore Stephane Hessel è morto pochi giorni fa e aveva novantacinque anni. Con un suo pamphlet ha battezzato il movimento degli indignati, mobilitando milioni di giovani in tutta l’Europa. Penso che la risposta stia qui».


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