Un’impresa su due rateizza gli stipendi
ROMA — Una piccola impresa su due paga lo stipendio “a rate”. Seppellite da assegni bancari, cambiali, debiti ai quali non riescono a far fronte e che nella maggior parte dei casi si trasformano in protesti, le aziende sono costrette a ricorrere a quel poco credito bancario che ancora viene erogato persino per pagare le tasse (secondo un sondaggio di Unimpresa a farlo sono tre imprese su cinque) e quindi di soldi per i dipendenti non ne rimangono molti. «Stimiamo che almeno una piccola impresa su due sia costretta a rateizzare le retribuzioni ai propri collaboratori », denuncia il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi.
Una realtà che emerge continuamente dalle cronache: di qualche giorno fa la protesta dei dipendenti di una casa di cura di Jesi, che alla fine di febbraio non avevano ancora ricevuto lo stipendio di gennaio, a Cagliari vanno a rilento persino i lavori per la costruzione di un nuovo carcere per via degli scioperi degli operai che chiedono di essere pagati, a Napoli la situazione è talmente generalizzata che Il Mattino qualche giorno fa parlava di un boom dei ricorsi, 10.000 nell’ultimo anno.
Gli imprenditori hanno gravi difficoltà a reperire liquidità e non sanno più come far fronte alle scadenze, spiega la Cgia di Mestre: «Tra il terzo trimestre 2007 e lo stesso periodo del 2012 l’aumento medio nazionale del numero delle imprese protestate è stato del 12,8%». Solo nel 2012 sono state “segnalate” quasi 67.000 imprese, mentre le sofferenze bancarie in capo alle aziende hanno fatto registrare un’impennata del 165%, tanto che «alla fine del 2012 l’ammontare complessivo delle insolvenze ha superato i 95 miliardi di euro». Al Sud il primato delle imprese protestate: sono state quasi 29.000 nel terzo trimestre 2012, +19,8% considerando l’ultimo quinquennio.
Ma anche la riduzione del credito bancario nel 2012 è stata drammatica: secondo una rilevazione di Unimpresa (su dati della Banca d’Italia) nel 2012 i prestiti alle imprese sono diminuiti del 3,3%, passando dagli 894 del 2011 a 864,6; la situazione peggiore si registra nei crediti a medio periodo, crollati dell’8,5%. Le famiglie non sono state trattate meglio: 4,4 miliardi in meno (-6,9%) per il credito al consumo, due miliardi in meno per i mutui immobiliari (-0,6%). Mentre i prestiti alla Pubblica Amministrazione sono aumentati dell’1%, 20,5 miliardi in più rispetto al 2011. «Di denaro allo sportello ne viene erogato sempre meno e quel poco che arriva nelle casse delle aziende viene usato per rispettare, là dove possibile, gli adempimenti tributari », dice Paolo Longobardi, presidente di Unimpresa. Mentre il lavoratore può attendere.
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