Un viaggio nell’«Outlet» della libertà 

by Sergio Segio | 22 Marzo 2013 8:28

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Dopo aver definito il progetto editoriale incentrato sulla «critica dell’ideologia italiana» e indagato i «Conflitti» (il secondo numero) della società  capitalistica contemporanea, la rivista utilizza la «Licertà » come una parola chiave per cercare di catturare le tendenze prevalenti nella discussione pubblica. Va detto che la parola «Libertà » è frequentemente usata per indicare la tensione, meglio il movimento che punta a rompere il monopolio della decisione politica da parte dello stato e a affrancarsi dal regno della necessità , ma anche per sottolineare l’autonomia del mercato da qualsiasi ingerenza politica. Dunque un termine «ambivalente», che può indicare fenomeni diversi.
Va subito detto che i contributi di questo numero di «Outlet» archiviano la distinzione del filosofo conservatore Isaiah Berlin tra «libertà  positiva» e «libertà  negativa». Dunque svolgono un’azione meritevole, dato che il filosofo di origine russa, ma naturalizzato inglese è stato lo scudo, assieme a Karl Popper, del pensiero neoliberale di questi anni, laddove definisce, attraverso quella distinzione, la cornice teorica per demonizzare qualsiasi spinta critica all’economia di mercato e all’ordinamento liberale.
I contributi, tuttavia, si misurano con quanto l’ideologia italiana ha sedimentato sulla parola «libertà ». Per questo vanno segnalati gli articoli della sezione «aperture» (Paolo di Paolo, Emiliano Ilardi, Fabio Tarzia, Andrea Colombo, Marco Bascetta, Rino Genovese, Katia Ippaso) nonché il dialogo-tavola rotonda tra Alessandra Bocchetti, Fausto Bertinotti, Massino Ilardi, Lanfranco pace e Piero Sansonetti. Ne emerge un quadro dove l’ambivalenza da cui il numero parte non è certo sciolta, ma è indubbio che gli autori sono propensi a privilegiare un movimento teso, appunto, a rompere il monopolio della decisione politica dello stato e a superare il regno della necessità . Rimane irrisolto il rapporto tra il singolo e il collettivo. Su questo aspetto, molte sono le concessioni a una visione «libertaria» dell’individuo. Crinale che rischia di far cadere il numero della rivista nell’alveo del pensiero radicale e anarchico contemporaneo. Un rischio che gli autori sono disposti a correre. E che necessariamente punta a guardare con interesse al prossimo appuntamento di questa «critica dell’ideologia italiana».

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