“Thyssen, non fu omicidio volontario” urla e rabbia dei familiari: “Vergogna”

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TORINO — Non più un omicidio volontario, ma un incidente. Gravissimo, tanto da meritare condanne pesanti, le più alte mai inflitte per un infortunio sul lavoro, ma non più una strage voluta dall’indifferenza e dalla logica del profitto. Alle 11.30 di ieri, dopo due ore e mezzo di camera di consiglio, i giudici della Corte d’assise di Appello leggono la sentenza per il rogo della Thyssen, la fabbrica dove la notte del 6 dicembre 2007 bruciarono sette operai. Le condanne di primo grado sono ridimensionate: l’amministratore delegato della Thyssen, Harald Espenhahn, si vede ridurre la pena da 16 anni e mezzo a 10. Come tutti gli altri imputati, in primo grado condannati a 13 anni e 6 mesi. Gerald Priegnitz e Marco Pucci, consiglieri delegati, se la cavano con 7 anni, Raffaele Salerno, il direttore dello stabilimento di Torino con otto anni e sei mesi, Daniele Moroni, responsabile dell’area tecnica, con 9 (rispetto ai 10 anni e 10 mesi del primo processo) e Cosimo Cafueri, il responsabile della sicurezza, unico che si è presentato ai giudici in lacrime, con otto anni.
È però la scomparsa del «dolo eventuale» a suscitare sorpresa e polemiche. I giudici del primo grado avevano fatto propria la tesi dei tre pm Raffaele Guariniello, Laura Longo e Francesca Traverso secondo i quali Espenhahn aveva accettato il rischio di una strage risparmiando sui sistemi di sicurezza e antincendio nello stabilimento torinese prossimo alla chiusura e al trasferimento dell’intera produzione a Terni. Ora invece la Corte d’assise d’Appello riporta la tragedia di quella notte di sette anni fa nell’ambito dell’omicidio colposo e non più volontario.
La reazione alla sentenza non si fa attendere: i familiari delle vittime urlano, occupano l’aula, vogliono spiegazioni, si sentono traditi. Anche i pm hanno le facce scure. Più tardi però lo stesso Raffaele Guariniello spiegherà : «È una sentenza comunque storica, mai in Italia e nel mondo sono stati dati tanti anni di carcere per un infortunio sul lavoro». Guariniello ha capito che il presidente della Corte Giangiacomo Sandrelli, per tanti anni in Cassazione, e il giudice a latere Paola Perrone hanno di fatto «blindato» la sentenza di condanna dei vertici della Thyssen, rendendola inattaccabile davanti alla Suprema corte. Il «dolo eventuale» è infatti difficilissimo da provare a differenza della «colpa cosciente».
Guariniello, che aveva deciso di ritirarsi dopo il processo Eternit, annuncia che resterà : «Per il ricorso in Cassazione e sino alla fine di questa vicenda». Anche le difese ricorreranno alla Suprema corte. «Abbiamo ottenuto il giusto — spiega l’avvocato Ezio Audisio, legale di Espenhahn — è stata accolta la nostra tesi che riteneva insussistente il reato di omicidio. Ho parlato con il mio assistito, è sollevato dal peso di un’accusa infamante come quella di aver voluto la morte dei suoi dipendenti. La sanzione resta comunque pesante e lui ne è cosciente, ma ricorrendo potremo avere un ulteriore chiarimento della vicenda».


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