Suicidi, difficile risalire ai motivi. L’Istat cambia metodi d’indagine

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ROMA – Ieri un omicidio-suicidio a Perugia. E contestualmente a Siena il suicidio del responsabile dell’area comunicazione di Mps. Nelle scorse settimane altri suicidi, spesso associati dalle cronache alla crisi e a motivi di carattere economico. Ma è possibile associare un evento tragico come il suicidio a una causa specifica (per esempio il motivo economico)? Come restringere un tale atto a una sola motivazione?
In realtà  appare oltremodo difficile considerare attendibili i dati sulle cause di tali, tragici gesti. Tanto che l’Istat ha deciso di non diffondere più le motivazioni dei suicidi, dopo aver effettuato una attenta analisi delle fonti. Ma andiamo con ordine.

Rapporto “Link Lab”. E’ di ieri un Rapporto curato da “Link Lab”, il Laboratorio della ricerca socio-economica dell’Università  Link Campus, secondo cui nel 2012 sono state 89 (86 uomini e 3 donne) le persone che sull’orlo del fallimento e schiacciate dai debiti hanno deciso di togliersi la vita: quasi 8 i suicidi in media al mese. Sono invece 48 i tentativi di suicidio registrati tra i mesi di gennaio e dicembre del 2012. “Una lunga lista di imprenditori, artigiani e disoccupati che, oppressi da gravi difficoltà  economiche e soprattutto dalla paura di perdere la propria dignità , reputano la rinuncia alla vita una scelta ‘obbligata’”, si legge nel Rapporto. La ricerca, come detto, è stata diffusa ieri ma l’impressione è che si tratti di conclusioni tutte da verificare. Per diversi motivi. Innanzitutto perché le fonti a cui fa riferimento il lavoro di “Link Lab” sono i “principali mezzi di informazione”. Facile intuire come un lavoro di questo tipo, benché certosino, sia sempre soggetto a lacune. Anche per il fatto che, a differenza dei casi di omicidio, non sempre le notizie sui suicidi vengono riprese e pubblicate dagli organi di informazione.
Tra l’altro questi dati, come citato dallo stesso “Link Lab”, differiscono in maniera molto evidente da quelli dell’Istat. Che sono fermi al 2010 e che parlano di 187 suicidi per motivi economici. Un dato decisamente superiore. Gli stessi suicidi erano stati 198 nel 2009. Possibile allora che vi sia un calo di questa dimensione nelle vicende di chi si toglie la vita per motivi economici? Certo, quella di Link Lab è la prima indagine di questo tipo. E anche l’Istat non presenta i dati del 2011. In realtà  sempre fonti Istat giudicano il metodo utilizzato dall’osservatorio dell’Università  Link Campus inattendibile. Un approccio prudente che sull’argomento sta caratterizzando anche il procedere dello stesso istituto di statistica.

Istat: nuovi metodi d’indagine. Nei mesi scorsi, infatti, l’Istat ha pubblicato una nota informativa in cui si afferma: “E’ estremamente difficile individuare i motivi che inducono il singolo individuo a togliersi la vita, a causa della natura multidimensionale del fenomeno. L’Istat rileva i suicidi attraverso due indagini: una di fonte sanitaria su ‘Decessi e cause di morte’, l’altra di fonte giudiziaria su ‘Suicidi e tentativi di suicidio’. Da uno studio sulle due fonti risulta che l’Indagine ‘Decessi e cause di morte’ ha una migliore copertura del fenomeno: infatti, negli ultimi anni le statistiche di fonte giudiziaria registrano il 20-25% in meno di casi rispetto a quanto misurato dalla fonte sanitaria”.
Per questo motivo, e per gli stringenti requisiti di qualità  richiesti dai Regolamenti europei all’indagine di fonte sanitaria, l’Istat ha dichiarato di includere nelle proprie pubblicazioni i dati sui suicidi provenienti solo e esclusivamente dalla rilevazione sui “Decessi e cause di morte”, come già  avviene negli altri Paesi europei.Non più fonti giudiziarie, insomma. Men che meno fonti giornalistiche.

In estrema sintesi: l’Istat non diffonderà  più le motivazioni dei suicidi, proprie delle informazioni date dalle forze dell’ordine. Informazioni considerate meno attendibili rispetto a quelle facenti riferimento alla fonte sanitaria, sia sul piano quantitativo che su quello qualitativo.

 

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