Soldi ai partiti, il Pd gela Renzi “Era già  nei nostri otto punti”

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ROMA â€” La segreteria del Partito democratico risponde a muso duro a Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze sabato chiedeva di aggiungere l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti agli otto punti approvati dalla direzione per cercare di formare un governo con i Cinquestelle. Gli uomini di Bersani rispondono che negli otto punti i costi dei gruppi parlamentari ci sono. E aggiungono: «Chi ha seguito i lavori della direzione nazionale lo sa bene». Una frecciata a Renzi che mercoledì scorso ha lasciato la riunione del Nazareno dopo i primi interventi e senza prendere la parola. In effetti nel documento approvato all’unanimità  appena cinque giorni fa si parla di finanziamento ai partiti, ma in modo vago e senza precisare se l’intenzione sia quella di abolirli o rivederli.
La nota del partito, dunque voluta e vidimata da Bersani, dopo aver ricordato che chi era in sala sa che negli otto punti il finanziamento alla politica c’è, afferma che «siamo pronti a rivedere il finanziamento ai partiti, dentro a norme che riguardino anche essenziali garanzie di trasparenza e di democrazia nella loro vita interna. In una democrazia costituzionale una formazione politica che si presenta alle elezioni per governare dovrà  pur dare qualche garanzia democratica. O forse è questo un tema meno rilevante rispetto a quello dei finanziamenti? ». D’altra parte Bersani ha sempre detto di essere favorevole a un taglio dei finanziamenti (in Italia sono nettamente superiori a quelli versati in Germania e Francia), ma non alla loro abolizione, altrimenti – è la frase usata con ricorrenza dal segretario – la politica resta appannaggio di «ottimati e miliardari). Renzi, al contrario, ne chiede la cancellazione. Come spiega Arturo Parisi ricordando che «in discussione non è oggi il tema del finanziamento, ma il “problema” della sua abolizione. E su questo la dirigenza del partito non ha mai lasciato alcun dubbio: la concezione della democrazia del gruppo dirigente Pd punta ad un riconoscimento e regolazione dei partiti, ma è assolutamente contraria alla eliminazione del finanziamento pubblico».
Dunque torna aria pesante tra i democratici nella fase in cui Bersani, tra lo scetticismo di diverse correnti, cerca di formare un governo dopo lo stallo elettorale. Tanto che Paola De Miche-li, deputata responsabile per le imprese e vicina a Enrico Letta, su Twitter ammonisce: «Se cominciano schermaglie tra Turchi
e ultrà  renziani rischiamo di dare Palazzo Chigi a Grillo. Nervi saldi, no a infantilismi». Ma chi nelle ultime ore ha parlato con Renzi racconta che il sindaco è rimasto molto sorpreso dalle modalità  della risposta arrivata dalla segreteria, spiegando che la sua intenzione era quella di dare una mano al segretario Bersani nella sua ricerca di un’intesa per arrivare alla formazione di un governo a guida democratica.
Ma intanto la polemica è scoppiata, con i renziani che difendono il sindaco dagli attacchi del responsabile economico Stefano Fassina che, intervistato da Repubblica,
lo aveva accusato di «cavalcare l’antipolitica ». Così tra gli altri Ernesto Carbone afferma che non è Renzi a copiare Grillo sul finanziamento pubblico, bensì il contrario: «Basta leggere il programma delle primaria di Matteo per accorgersene ». E sugli scenari politici Simona Bonafè ribadisce che se non si riuscirà  a formare un governo e si tornerà  al voto «Renzi rientrerebbe in pista con nuove primarie».


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