Se l’altra Europa andasse al Quirinale

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350 economisti di tutta Europa hanno sottoscritto l’EuroMemorandum 2013 e il gruppo di EuroMemo e Sbilanciamoci! sono tra i fondatori della Rete europea degli economisti progressisti, che ha l’obiettivo di promuovere politiche in grado di far sì che l’uscita dalla crisi prodotta da neoliberalismo e dalla finanza si accompagni al consolidamento e allo sviluppo di una vera democrazia in Europa. L’EuroMemo Group, autore del Rapporto, fornisce da tempo (come precisano Armanda Cetrullo e Leonardo Madio, nella Prefazione al testo da loro tradotto) un’analisi dell’evoluzione dell’economia europea, accompagnandola con proposte che contestano l’orientamento mainstream degli organismi europei. Nel Rapporto di quest’anno un punto nodale riguarda le differenze strutturali esistenti fra i paesi dell’Unione, differenze che per i paesi più deboli, sia della periferia mediterranea che di quella dell’Europa orientale e baltica, si sono inasprite con la crisi (…). Concentrandosi solo sul risanamento finanziario, le politiche europee hanno aggravato tali squilibri, per cui, di fronte alle inevitabili difficoltà  che l’appartenenza all’euro-zona crea ai paesi-membri più deboli, sembra porsi a questi ultimi solo l’alternativa secca tra accettare le pesanti conseguenze del risanamento imposto dalla Troika e il recedere dalla moneta unica. L’EuroMemorandum mette invece radicalmente in discussione la strategia economica e sociale perseguita dall’attuale classe dirigente europea. Tre questioni sono cruciali in una strategia alternativa: il senso dell’orizzonte europeo; i contenuti di una politica alternativa; le forme per rendere più democratico il processo decisionale europeo (…). La partecipazione all’euro-zona non può essere una scelta incondizionata, ma va sostenuta se e solo se la sua strategia è volta ad avviare, anche a medio termine, a soluzione i problemi strutturali del paese – squilibri di bilancia commerciale e dei conti pubblici – senza che sia penalizzata una crescita occupazionale in un contesto di progresso sociale. Alle attuali riforme neoliberiste – centrate sull’estensione delle relazioni di mercato all’intero sistema sociale attraverso il ridimensionamento dello stato, la privatizzazione di beni pubblici, l’erosione delle condizioni del lavoro – va contrapposto un altrettanto strutturale quadro plausibile di politica economica. Qualsiasi politica europea deve porre il lavoro al centro: garantire livelli elevati dell’occupazione è un obiettivo fondamentale per un progresso sociale e civile fondato sull’inclusione sociale e sulla salvaguardia della dignità  personale. Perseguire un obiettivo occupazionale nel rispetto dei diritti dei lavoratori è il modo per promuovere la ricerca da parte del sistema produttivo di quelle condizioni tecnologiche e organizzative compatibili con date condizioni di lavoro (…). Le politiche europee hanno fatto finora affidamento sulle forze di mercato per determinare la distribuzione dell’attività  produttiva all’interno dell’Unione con l’effetto di avviare un processo di deindustrializzazione in diverse regioni dell’area. Il processo con cui si è realizzato il mercato interno si è rivelato uno strumento di pressione che ha indotto molte realtà  produttive locali, laddove “arretrate”, a chiudere per l’impossibilità  di adattarsi alle condizioni di costo fissate dalla filiera produttiva europea e internazionale. Di fronte alle perdite di produzione e di occupazione potenziale, e allo sperpero spesso irrecuperabile di competenze, è essenziale per le singole aree proteggere il proprio assetto produttivo quale base della propria tenuta economica e sociale. Va pertanto valorizzata una politica industriale pro-attiva a livello europeo, per favorire l’estensione dell’assetto produttivo nei settori e nelle regioni meno favorite, con lo sviluppo di attività  compatibili con la sostenibilità  ambientale (green economy, risparmio energetico ecc). La politica industriale dovrebbe disporre di risorse adeguate, provenienti da un un bilancio dell’Unione accresciuto per consentire il trasferimento di risorse dalle regioni ricche a quelle povere, oltre che da emissioni di Project bonds , e finanziamenti della Banca Europea degli Investimenti. Questo testo è tratto dalla postfazione di Claudio Gnesutta al rapporto EuroMemorandum 2013.
L’eboo k si può scaricare gratuitamente dal sitowww.sbilanciamoci.info/Sezioni/globi/EuroMemorandum.-Cisalvera-l-Europa-17254.


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