Repubblica Ceca: Addio Klaus, piantagrane d’Europa

Loading

Sotto molti aspetti, un paese centro-europeo di media grandezza difficilmente avrebbe potuto sperare in un presidente migliore: un politico esperto, energico, erudito, di levatura internazionale, in grado di affrontare sia le grandi tematiche europee sia la gestione dei problemi interni provocati da politici sempre più divisi e da coalizioni di governo in briciole.

Un presidente così determinato da ricordare a intervalli regolari ai suoi cittadini che non vivono in uno stato mafioso impoverito, ma in una democrazia europea abbastanza ben amministrata, ragionevolmente prospera, per quanto inevitabilmente difettosa.

Nel corso degli ultimi dieci anni, Và¡clav Klaus da presidente è stato tutte queste cose. A dire il vero è stato anche un capo di stato assai controverso, le cui opinioni sono state spesso antitetiche a quelle della maggior parte dei politici suoi colleghi o dei suoi stessi compatrioti. Provocatorio, impossibile da ignorare, Klaus è stato amato e (molto spesso) odiato sia in patria sia all’estero, ma come scrive il suo biografo Lubomà­r Kopeček, è stato un fenomeno politico.

Qual è il vero impatto duraturo dei suoi dieci anni da presidente? Se l’epoca di Klaus come leader di Ods, il partito liberal-conservatore da lui fondato nel 1991, e come primo ministro (1992-1997), è stata definita in buona parte dalle trasformazioni economiche, la sua presidenza è stata caratterizzata dall’integrazione europea e dal posto che la Repubblica Ceca ha occupato in Europa.

Klaus è stato critico nei confronti dell’Ue dall’inizio degli anni novanta, e le sue preoccupazioni sulla natura dello stato ceco risalgono a quello stesso periodo. Il suo spostamento verso una visione più tradizionale degli interessi nazionali cechi, in contrapposizione a quelli della Germania risale anch’esso a prima della sua presidenza, più o meno al periodo dell’Accordo dell’Opposizione.

Ma in qualità  di presidente le sue opinioni sull’integrazione europea hanno lasciato un segno radicale. L’Ue non è più un semplice insieme di istituzioni che vincolano lo stato ceco e la libertà  individuale: ormai l’Ue è considerata una sorta di minaccia esistenziale ideologica. “L’europeismo diventa più evidente, è parte di un’idra dalle molte teste che subentra nella ‘post-democrazia’, e include preoccupazioni per il riscaldamento globale, l’omosessualità , i diritti umani e altri spauracchi agitati da Klaus”. L’integrazione non è stata più soltanto corretta e frenata, ma ribaltata per creare un’Europa di stati nazione e liberi mercati.

Una simile radicalizzazione riflette la maggiore libertà  politica offerta dalla presidenza. Circondato da un entourage di persone scelte da lui stesso, il presidente non è più ostacolato dalla necessità  di trovare un compromesso con i colleghi di partito e della coalizione. E tutto ciò riflette anche il contesto europeo in evoluzione: la presidenza di Klaus è coincisa con la Costituzione dell’Ue e il successivo trattato di Lisbona, per il quale egli ha dimostrato un grandissimo interesse.

Lo scoppio della crisi della zona euro, in riferimento alla quale il suo precoce scetticismo sull’euro si è rivelato fondato, è servito a definire Klaus in termini di questioni europee. Al tempo stesso, tuttavia, l’euroscetticismo di Klaus è rimasto stranamente astratto: sapevamo ciò che egli temeva, e a maggior ragione ciò a cui egli si opponeva, ma sapevamo molto poco dei passi pratici che egli intendeva fare. Mentre altri euroscettici, sia in Repubblica Ceca sia altrove, si sono fatti promotori di opzioni che vanno da un’integrazione flessibile a un’Europa à  la carte a una vera e propria uscita dall’Ue, gli scritti e i discorsi di Klaus non offrono programmi specifici in materia né strategie per le questioni europee che lo preoccupavano.

Per di più, in termini politici concreti i due mandati presidenziali di Klaus sono stati una storia di sconfitte e di scalate. Malgrado nel 2009 abbia lasciato l’Ods e detto che la Repubblica Ceca aveva bisogno di un nuovo partito conservatore ed euroscettico, egli non è riuscito a fondarne e nemmeno a individuarne uno dea appoggiare. Invece è stato confinato a una presenza destabilizzante fuori scena nella politica interna dell’Ods, dove ha guadagnato un po’ di peso sui governi di Topolà¡nek e Nečas quando le loro maggioranze parlamentari si sono dissolte.

Pulpito basso

Ma le sconfitte di Klaus nascondono una verità  più profonda. Il marchio del nazionalismo conservatore euroscettico messo a punto da Klaus nell’ultima parte della sua carriera politica piace ad alcuni, ma ha goduto in definitiva di un appoggio limitato nella società  ceca. Ciò era vero nel 2002, quando il fallimento di una campagna elettorale basata sugli “interessi nazionali” nell’Ue spinse per la prima volta Klaus a puntare alla presidenza. Ed è altrettanto vero nel 2013, quando (come suggeriscono i sondaggi) i sostenitori di Ods appoggiano Karel Schwarzenberg malgrado Klaus l’abbia osteggiato perché non ceco. Euroscetticismo e nazionalismo, se piacciono agli elettori cechi, piacciono a coloro che a sinistra sono vicini a KSÄŒM.

Klaus ha festeggiato la vittoria di MiloÅ¡ Zeman citando ironicamente le parole di Và¡clav Havel sulla verità  e l’amore che prevalgono sulle menzogne e sull’odio. Ma la sua più grande ironia, forse, è che malgrado il grande divario nello scenario politico e nelle personalità  che li divide, la presidenza di Klaus ha messo in evidenza molti fallimenti e limiti di quella di Havel: un capo di stato ispirato da una grandiosa visione politica e intrappolato dalla debolezza costituzionale della sua carica; la debolezza del supporto politico e pubblico alle sue idee; il peso limitato del suo paese sul palcoscenico internazionale.

Traduzione di Anna Bissanti


Related Articles

Maroc : la nouvelle Constitution va réduire les pouvoirs du souverain

Loading

Mohammed VI, à  Rabat, le 17 juin.

Le roi du Maroc Mohammed VI a présenté, vendredi 17 juin, lors d’une adresse à  la nation, une réforme constitutionnelle très attendue. Le nouveau texte prévoit notamment de réduire certains des pouvoirs politiques et religieux du souverain, ainsi qu’un renforcement des pouvoirs du premier ministre. Le projet de réforme sera soumis à  référendum le 1er juillet.

Il cablo sull’Italia: processi a orologeria

Loading

L’ambasciata Usa scrisse: i tempi sembrano spesso dettati dalla politica

Mission impossible per Kofi Annan

Loading

Rabbia dei settori dell’opposizione che chiedono un intervento armato modello Libia

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment